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Hillary Rodham Clinton: venti lettere che se disposte in questo preciso ordine provocano orticaria a un discreto numero di persone, numero che è aumentato progressivamente alla fine del 2016, quando la persona a cui fanno riferimento quelle venti lettere ha perso le elezioni presidenziali contro Donald Trump.
 
Dopo un periodo di silenzio, Clinton è tornata prepotentemente nel dibattito politico a stelle e strisce in forza della sua ultima fatica letteraria, dal titolo What Happened – ovvero “Che cos’è successo” –  racconto basato sulla sua esperienza come candidata del Partito Democratico.
 
Possiamo dire in tutta tranquillità che alcuni dei mal di pancia nati negli ultimi tempi si sono presentati dopo che i giornali americani hanno rilasciato delle anteprime di questo libro; anteprime decontestualizzate che hanno privato il libro di significato, rendendolo semplicemente carne da macello per polemiche fini a loro stesse. Non solo, esse hanno contribuito a diffondere l’idea che Hillary Clinton non riconoscesse alcuna colpa nella propria sconfitta ma che cercasse di addossarla ad altri.
 
Questo ha portato molti lettori a domandarsi se Clinton avesse il diritto di fornire la propria versione dei fatti, specialmente dopo aver perso le elezioni e in particolare contro una persona come Donald Trump.
 
Ammesso e non concesso che il libro di Hillary sia strutturato in questo modo (e no, non lo è), l’ex Segretario di Stato avrebbe comunque tutto il diritto di parlare. Non solo perché sancito dalla Costituzione americana (I emendamento), ma perché non si obbliga nessuna persona ad ascoltarla. What Happened è un prodotto editoriale che è possibile consultare dopo averlo comprato, quindi di propria iniziativa. Non siamo in 1984 e la parola di Clinton non viene trasmessa in tutti gli schermi televisivi al pari dei messaggi del Grande Fratello.
 
Inoltre ritengo che gli attivisti dello schieramento che perde le elezioni dovrebbero essere interessati ad ascoltare e apprendere quali sono stati i problemi che hanno visto affondare una campagna politica. È solo praticando un’”autopsia” che si possono comprendere i motivi per cui non si ha vinto.
 
Ma, come ho scritto poco fa, in What Happened non c’è solo un’addossamento della colpa a forze terze. Possiamo davvero descrivere questo libro come le memorie definitive di Hillary Clinton.
 
Per prima cosa notiamo un mutamento nel lessico scelto. Io lessi, di Hillary, Hard Choices, uscito in Italia con il titolo di Scelte Difficili. Il tono di quel saggio era quasi posticcio: si raccontavano, utilizzando un registro incredibilmente entusiasta, molte cose che erano nella sostanza assolutamente banali. Era possibile apprendere – tra le varie cose pur molto interessanti – che Hillary nei quattro anni al Dipartimento di Stato non avrebbe mai avuto un grattacapo. Anche davanti a domande indiscrete, la sua risposta era sempre il sorriso, un sorriso che nasceva da una sorta di sincerità e genuinità non ben precisata o motivata.
 
Non è però il caso di questo libro. Qui il registro è diretto, sembra quasi di avere una conversazione tête-à-tête. Hillary parla direttamente, fa commenti che possiamo presumere siano davvero balenati nella sua testa in un qualche momento.
 
I contenuti del libro sono divisibili in due parti. La prima è prettamente intima, ci svela come funzionassero le sue giornate, i rapporti con la sua famiglia e soprattutto cosa le piace fare quando non è nelle vesti di politico.
 
Inizia poi una seconda parte, molto più politica. In questa parte Hillary non scrive semplicemente delle memorie, ma fa di più: scrive e propone quello che dev’essere il manifesto democratico per tutte le future elezioni congressuali e presidenziali. Sviscera nei dettagli come è nata una determinata idea, gli studi effettuati in proposito e quanto fosse o meno in linea con provvedimenti presi in passato e poi smantellati. Nel momento in cui denuncia i problemi della campagna (dal sessismo alla mancanza di copertura comunicativa), ne parla portando fonti e studi a supporto delle sue argomentazioni, corredati da percentuali per permettere di comprendere meglio cosa effettivamente non abbia funzionato. Oltre alla politica, c’è anche un’analisi seria e minuziosa dei passi falsi compiuti: dal “caso mail”, che Clinton fu incapace di spiegare in un modo comprensibile, passando per alcune frasi che si prestavano particolarmente ad essere decontestualizzate arrivando ad una campagna incapace di trasmettere un messaggio che riuscisse a sottrarre l’ossigeno mediatico assorbito quotidianamente da Trump.
 
What Happened forse non è adatto a permettere ai progressisti europei di ritrovare la propria bussola vincente, perché noi non abbiamo problemi come il secondo emendamento o il sistema sanitario che, per quanto a pezzi, è pubblico e garantito. Ciononostante, ritengo che sia comunque un’opera di grande valore utile comprendere quanto a fondo sia necessario spingersi per la scrittura di un programma elettorale che risulti vincente.
 
Perché sì, Hillary potrà pure aver perso il collegio elettorale, ma ha ottenuto ben 3 milioni di voti in più rispetto a Donald Trump.
 
Diego Canaletti
Redazione GD

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