di Tommaso Poltronieri
Il progressivo distacco del mondo giovanile dal mondo politico è una triste verità che purtroppo siamo costretti a riscontrare ogni giorno. Sono varie ed ampie le motivazioni: in generale in Italia c’è sempre stata una forte diffidenza e sfiducia nei confronti dello Stati, per ragioni storiche; il nostro Paese ha visto infatti nascere la propria unità solo nel 1861, ben più tardi rispetto ad altri Paesi europei come Spagna e Francia, ed è divenuto una repubblica democratica solo nel 1946. In questo senso la responsabilità non è dei giovani, ma sono proprio loro a pagarne le conseguenze oggi. Un altro motivo è la forte disinformazione, basata sull’ignoranza collettiva e sulla diffusione di fake news o di slogan degradanti verso un nemico comune (solitamente il diverso), una tecnica molto utilizzata anche da alcuni capi politici per far presa su un certo elettorato ed aizzarlo verso un avversario. I giovani sono vittime di tutto questo, un conformismo che porta ad adeguarsi in modo piatto a qualsiasi tipo di notizia, specie quelle false. Vari politici hanno sfruttato questa tecnica di denigrazione e disinformazione utilizzando strumenti comuni tra i giovani: prima le televisioni, poi i social, tramite post che saltano all’occhio tramite condivisioni ed alti numeri nei “mi piace” e nei commenti. Questo bieco modo di fare propaganda elettorale sta portando all’abbandono dei giornali e dei libri, all’abbandono della vera informazione, quella consapevole e maturata in seguito alle esperienze, quella che ci porta al dibattito nei meravigliosi valori della democrazia.
Un altro motivo che separa i giovani dalla politica è la superficialità. Il disinteresse giovanile viene trasmesso con queste vuote parole: “non seguo e non mi informo perché tanto i politici sono tutti ladroni e non fanno niente per noi”. È vero: alcuni politici sono stati dei grandi ladri. La storia della nostra Repubblica ce lo insegna. Ma i politici, alla fine, sono solo uno specchio di noi cittadini, lo specchio del nostro scarso rispetto verso le istituzioni, il nostro scarso rispetto verso le leggi che garantiscono una solida convivenza civile. La responsabilità è di tutti coloro che hanno favorito la creazione di questo clima di sfiducia verso lo Stato. Anche qui la colpa non è dei giovani, ma sono loro a soffrirne di più.
Per cambiare questa condizione è necessario fare tante cose. Innanzitutto rendere i ragazzi più partecipi alla vita politica tramite l’adesione a manifestazioni: oltre che ad essere una fantastica esperienza formativa, si conoscono molte persone di ogni età con le quali confrontarsi su varie tematiche. Ho partecipato a molte manifestazioni a sfondo politico: una delle più belle è stata quella del 2 marzo 2019 a Milano contro il razzismo, alla quale hanno aderito ben 250000 persone. Queste esperienze vissute in prima persona sono uniche ed irripetibili. Un’altra questione è quella della scarsa lettura e dell’informazione inefficiente. Come compito per la scorsa estate, la mia professoressa di italiano ci aveva invitato a comprare i giornali ogni giorno per seguire le vicende sociali e politiche per rimanere costantemente informati. È stato il compito che ho svolto con più piacere in vita mia, e sarò sempre grato alla mia vecchia prof per questo suggerimento.
Di recente stanno spopolando le manifestazioni “Fridays for Future” per la protesta contro il cambiamento climatico e a sostegno dell’attivismo ambientale portato avanti dalla giovane svedese Greta Thunberg. È un ottimo inizio: Greta, al di là della sfida ambientale, sta riuscendo nell’impresa di riportare i ragazzi in piazza, sta riuscendo a farli combattere uniti per un domani che si profila incerto più che mai, invitandoli a scioperare il venerdì non per saltare la lezione di matematica, ma per credere nel proprio futuro. Dobbiamo essere grati a Greta.
Proprio in questi giorni sta avanzando la proposta di abbassare dai 18 ai 16 anni l’età necessaria per votare alle elezioni: a mio parere potrebbe essere una grande opportunità per riportare i giovani alla politica, ma sarebbe una mossa ancora più interessante se correlata con la reintroduzione dell’educazione civica a partire dalle scuole medie e favorendo i dibattiti e le occasioni di confronto su temi di attualità.
Ma bisogna fare ancora di più. Perché noi giovani dobbiamo capire che il domani ci appartiene, anzi, ancora di più: noi giovani siamo il futuro. Se oggi non lottiamo per i nostri diritti non avremo un domani sereno. Se oggi ci adeguiamo in modo piatto alle scellerate decisioni di qualcuno, saremo solo noi a pagarne le conseguenze. Noi giovani possiamo essere il cambiamento. Io sono fiducioso: noi lo saremo. Come diceva Enrico Berlinguer: “Se i giovani si organizzano, si impadroniscono di ogni ramo del sapere e lottano con i lavoratori e gli oppressi, non c’è scampo per un vecchio ordine fondato sul privilegio e sull’ingiustizia”.