di Manuele Oliveri
Avrete sicuramente letto che nei giorni scorsi la Camera ha approvato in via definitiva il taglio dei parlamentari. Si tratta di una modifica costituzionale in seguito alla quale, dalla prossima legislatura, i nostri rappresentati in parlamento passeranno da 945 a 600: 400 deputati e 200 senatori.
Nel sistema italiano, come negli ultimi anni è emerso molto chiaramente, non è facile approvare una riforma costituzionale a meno che questa non abbia un sostegno trasversale di tutte le forze politiche (risultato che sappiamo essere anch’esso quasi impossibile da raggiungere), o un tale sostegno popolare che chiunque dovesse votare contro si esporrebbe ad attacchi politici, polemiche, e agguati tipo coniugi Wayne.
Il taglio dei parlamentari appartiene decisamente a questa seconda categoria e votare contro avrebbe probabilmente comportato una pessima pubblicità anche per le opposizioni. Opposizioni che peraltro avevano votato questa riforma nei primi tre voti in aula. Ma nel sublime tango argentino che è il nostro sistema parlamentare queste complicazioni sono all’ordine del giorno. Se vi sembra un po’ complesso è perché lo è.
Ad ogni modo, il concetto fondamentale è che tutti hanno votato questa riforma e che il motivo per cui lo hanno fatto è difficile da spiegare. Come negli indovinelli a tema poliziesco della Settimana Enigmistica: esaminiamo per prima cosa la posizione delle diverse forze politiche dopodiché potremo giocare a immaginare cosa accadrà nel prossimo futuro.
IL MOVIMENTO 5 STELLE E LA LEGA
Questa riforma è stato uno dei cavalli di battaglia del vecchio governo gialloverde i cui partiti hanno votato a favore del taglio nei primi tre voti in parlamento.
Naturalmente, la prima forza politica da chiamare in causa è il Movimento 5 Stelle, che della lotta contro la classe politica ha sempre fatto la propria bandiera, facendosi portavoce del disprezzo della classe politica verso se stessa. Proprio dal Movimento è partita l’iniziativa della riforma facendo leva sulla riduzione dei costi e del numero di “privilegiati” (sto cercando di essere obiettivo, mi si consentano almeno le virgolette). I Cinque Stelle durante l’iter di approvazione non hanno mai mostrato cedimenti riguardo questa riforma e ne hanno anzi fatto una bandiera al momento della caduta del Governo Conte I.
La prima accusa mossa dai pentastellati a Salvini, nel momento in cui questi cercò di staccare la spina al governo, fu proprio quella di aver interrotto il processo di taglio dei parlamentari, una misura tanto popolare da diventare il punto di partenza anche dell’accordo sul Conte bis. Ok il governo col PD, ok il governo con Renzi, purché all’ordine del giorno ci fosse questa riforma.
Ed è proprio la sua popolarità ad aver costituito un appiglio per il M5S durante il difficile periodo post-europee: con la Lega vicino al 40% e il Movimento sotto il 20. Era dunque inevitabile che al momento dell’approvazione la macchina propagandistica grillina impazzisse di gioia, con una nuova, buffissima, manifestazione a Montecitorio in cui un Di Maio con un paio di forbici giganti arringava la folla di sostenitori.
L’altro partner di Governo, la Lega, non ha mai negato di essere favorevole alla riforma: già nei due voti al Senato, così come nel primo passaggio alla Camera. Si disse anche favorevole ad una rapida approvazione della riforma dopo le dimissioni di Conte quest’estate, purché il taglio entrasse in vigore non dalla prossima legislatura ma da quella successiva, in modo da non ritardare ulteriormente le elezioni. Sappiamo com’è andata poi.
Al voto della settimana scorsa anche i leghisti hanno mantenuto l’orientamento di voto seguito in precedenza, contribuendo ad approvare la riforma senza neanche lamentarsi più di tanto.
IL PD E ITALIA VIVA
La parte più divertente di questa storia è però quella che riguarda i Ted e Robin della XVIII Legislatura, ovvero il Partito Democratico e la figlia illegittima Italia Viva.
Nel momento in cui Renzi, in conferenza stampa, annunciò che il PD (del quale faceva ancora parte) avrebbe cercato di raggiungere un accordo di governo coi 5 Stelle fece subito riferimento alla manovra economica per fermare l’aumento dell’Iva, dichiarandosi però pronto a votare anche il taglio dei parlamentari se questa fosse stata la conditio sine qua non per i Cinque Stelle.
La cosa divertente è che il PD, principale forza di opposizione al Governo Conte I, aveva votato contro la riforma per tutto il lungo iter che questa aveva seguito: la riteneva inutile, perché tagliando semplicemente il numero dei parlamentari, senza intervenire sui meccanismi del bicameralismo perfetto, non sarebbe cambiato nulla nel sistema parlamentare.
Nel momento in cui però il Conte I è caduto e il Conte II si è insediato, è stato chiaro fin da subito che opporsi al taglio avrebbe significato, con ogni probabilità, una nuova crisi di governo e conseguenti nuove elezioni che né i Cinque Stelle, né il PD avevano intenzione di convocare.
Ovviamente, molte delle personalità del nostro povero Partito Democratico non avevano nessuna intenzione di sostenere una riforma che, la si odi o la si ami, è fatta di antipolitica nella sua forma più pura, così, in fase di trattativa per la formazione del governo, si è trovato un accordo.
Il PD avrebbe votato a favore del taglio, nell’ultimo voto in parlamento rimasto e in cambio avrebbe chiesto delle altre postille alla riforma costituzionale, che saranno, ipoteticamente, votate nei prossimi mesi. Tra queste, l’allargamento ai diciottenni del voto anche al Senato, una nuova legge elettorale, e l’allargamento del taglio anche ai delegati regionali per l’elezione del Presidente della Repubblica.
Tuttavia, tra la nascita del governo e il voto della riforma, il PD si è scisso in un doloroso processo di mitosi che ha portato alla nascita di Italia Viva, partito nuovo di zecca nato intorno all’Oscuro Signore Matteo Renzi. Italia Viva, comprendendo una buona fetta di parlamentari del PD molto filogovernativi, ha ovviamente votato a favore della riforma. È divertente però notare l’affermazione dell’Onorevole Giachetti che durante le dichiarazioni di voto ha affermato che avrebbe votato a favore per poi iniziare una raccolta firme per un referendum contro il taglio. Un colpo di teatro da maestro.
E ADESSO?
Come detto il percorso della riforma non è ancora finito. Ora che questa è stata approvata in Parlamento, i cittadini hanno sei mesi per raccogliere le firme necessarie a indire un eventuale referendum confermativo. Se le firme non dovessero essere raccolte, o il referendum dovesse tenersi e concludersi con la vittoria del sì, la riforma sarà approvata, ed entrerà in costituzione.
Nel frattempo però, i correttivi chiesti dal PD ai Cinque Stelle dovranno essere messi sul tavolo, e lì la questione è un po’ più complessa. Se per quanto riguarda voto ai diciottenni al Senato e taglio dei delegati regionali non dovrebbero esserci grossi problemi, l’approvazione di una nuova legge elettorale, appuntamento ormai periodico come le Olimpiadi o i Mondiali di Calcio, porta con sé il solito carico di problemi.
Maggioritario o proporzionale? Con quale soglia di sbarramento? Uno o due turni? Nel calendario dei lavori del parlamento, ogni discussione al riguardo è stata rinviata a fine anno, mentre la Lega ha già sottoposto alla Consulta la propria proposta: un referendum abrogativo per eliminare la parte proporzionale del Rosatellum, trasformandolo in un maggioritario secco (un collegio per ogni parlamentare, chi prende un voto più degli altri è eletto). I Cinque Stelle e una parte del PD sembrerebbero favorevoli ad un proporzionale puro così da rendere impossibile per la Lega andare al governo da sola. Un’altra parte del PD sente la nostalgia del doppio turno, magari rimaneggiato per evitare di finire di nuovo sotto la scure della Consulta.
Al momento l’orizzonte è ancora abbastanza fumoso al riguardo ed è quindi abbastanza difficile capire cosa ne verrà fuori. Probabilmente niente di buono.
In definitiva, come qualsiasi cosa in democrazia, questa riforma è frutto di tanti interessi contrapposti, e la sua approvazione non è un altro episodio di quella splendida (?) telenovela che è la politica italiana, e probabilmente tutto ciò che è scritto qui sarà entro pochi mesi obsoleto.
Speriamo le cose vadano meglio.
Nah, scherzo.
Non sono così ingenuo.