di Tommaso Poltronieri e Francesco Galli
Nonostante si sia ripetuto per mesi, quasi fosse un mantra, che la scuola “sarebbe stata, nel caso, l’ultima a chiudere” e che l’ambiente scolastico sarebbe stato “il più tutelato e sicuro possibile”, Lombardia e Campania hanno subito optato per la chiusura delle scuole superiori davanti all’aumento dei contagi. L’approccio è stato confermato dal Governo con la chiusura degli istituti superiori.
Da un lato la decisione è in forte contraddizione con quanto detto negli scorsi mesi, anche se l’opinione riguardo la chiusura-riapertura delle scuole è stata oggetto di forte dibattito tra il Ministero dell’Istruzione (che ha puntato tutto sulla riapertura) e le varie regioni; le scuole si sono rivelate luoghi sicuri, i casi di positività rinvenuti sono stati nel complesso ben gestiti, l’organizzazione generale è stata, tutto sommato, buona.
Dall’altro lato, però, vi è il grosso problema dei mezzi di trasporto, che (parlo per esperienza personale) non hanno visto nessun potenziamento: la situazione è cambiata poco rispetto ai mesi che hanno anticipato il lockdown: hanno continuato ad esserci persone ammassate. Il risultato è che adesso tutte le scuole superiori d’Italia (chi parzialmente, chi interamente) ricorrono all’uso della Didattica a distanza (Dad), che, in questa maniera non può assolutamente funzionare.
Di per sé la Dad è un passo importante dal punto di vista tecnologico, un ottimo banco di prova da saper valorizzare e sfruttare. Ma va anche realizzata al meglio. La Dad, alla quale spesso si assiste, è letteralmente un trasporto di peso della didattica in presenza nella dimensione virtuale, senza nessun tipo di modifica: praticamente una didattica pensata per la una classe in presenza viene fatta davanti agli schermi; a dir la verità però, la Dad spesso è ancora meno di una normale didattica in presenza.
Infatti, ciò che siamo soliti chiamare didattica tradizionale da diverso tempo nelle scuole italiane non è più la semplice lezione frontale, in cui il docente spiega e gli alunni prendono appunti, ma è (o almeno dovrebbe essere) una vera e propria esperienza, con attività di gruppo, di flipped classroom, giochi di ruolo, letture teatralizzate ecc. Tutta la persona nella sua dimensione fisica ed intellettuale viene pertanto coinvolta nella normale didattica, tutti i sensi vengono stimolati. Il vero rischio della Dad è che la lezione da esperienza si riduca ad ascolto passivo.
Se dunque la Dad si riduce a pura lezione frontale, insorgono vari problemi, che colpiscono soprattutto chi ha meno facilità all’apprendimento. Le normali difficoltà vengono ora dilatate e il rischio di restare indietro senza aiuti aumenta e tutto ciò comporta il pericolo dell’abbandono scolastico, soprattutto in certe periferie urbane e umane del nostro Paese.
Anche i professori però subiscono gli effetti negativi di questo nuovo modo di fare scuola. Il professore, essendo umano non è perfetto: il suo metodo di insegnamento risente sicuramente di questa situazione, risultando a volte più confusionario. Inoltre, passare 5 ore della propria giornata chinati sul computer è parecchio pesante.
Inoltre, il vero dilemma che colpisce molti professori riguarda l’annoso tema della valutazione. Alcuni insegnanti non sono dell’idea di sostenere verifiche o interrogazioni a distanza perché sospettano che alcuni alunni ricorrano alla copiatura. Ma non si può aspettare un ritorno nelle sedi scolastiche per valutare: sia perché la data di rientro è sconosciuta, sia perché è insensato continuare a spiegare, aumentando la quantità di studio non testata, e poi valutare tutto quanto a scuola, con un numero di verifiche che rischia di divenire altissimo.
Bisogna allora cambiare prospettiva e atteggiamento: il Covid ci sfida a innovare e la Dad può essere il banco di prova per studenti e insegnanti, che già nello scorso anno scolastico hanno saputo mettersi in gioco al pari di tante altre categorie sociali. Su cosa dunque lavorare?
Da una parte è necessario evitare che la lezione online sia un semplice ascolto passivo. La tecnologia infatti può offrire straordinarie opportunità e rendere coinvolgenti argomenti generalmente classificati come noiosi. Dai quiz interattivi al montaggio dei video, dalle ricerche condivise al disegno in digitale, fino ad arrivare alle attività di coding, tutto può essere utilizzato per coinvolgere a pieno lo studente e permettere allo stesso tempo il mantenimento dei contatti sociali all’interno della classe, resa virtuale.
Dall’altra parte merita attenzione il tema della valutazione.
Oggi più che mai sarebbe importante valutare il pensiero individuale di uno studente, piuttosto che l’apprendimento di singole nozioni. Nelle materie umanistiche si potrebbero realizzare delle valutazioni legate anche all’opinione personale di uno studente, oltre alla normale conoscenza, di modo che ognuno sia spinto a sviluppare un pensiero critico su una serie di questioni affrontate. Valutare quindi le competenze oltre alle conoscenze, esprimere le proprie idee, fare dei collegamenti. Qualche esempio: un grande autore come Dante presenta, in moltissimi canti, delle questioni di straordinaria attualità; ma anche i suoi travagli interni amorosi, sono cose che molto spesso dei giovani vivono e che comprendono appieno. Si potrebbero sviluppare delle discussioni, scrivere dei temi o realizzare delle presentazioni a riguardo; queste rielaborazioni personali sono ovviamente accompagnate anche da uno studio nozionistico, che è pur sempre necessario. Così, gli studenti sarebbero spinti a sviluppare un pensiero critico personale, mentre i professori avrebbero materiale per le valutazioni; chi copierebbe un tema in cui viene richiesta un’opinione personale?
Non solo i grandi poeti del passato possono fornire degli spunti, ma anche un film o una canzone possono essere oggetto di lezione. Quanto si potrebbe discutere, scrivere, parlare del contenuto, filosofico e non, di quel film, di quella musica o di quel quadro? Ognuno ci vedrebbe qualcosa di diverso, perché ciò che un film (od un libro, od un’opera musicale) trasmette ed insegna varia da persona a persona. È chiaro che nelle materie scientifiche questo sarebbe più complicato; ma è possibile comunque far realizzare agli studenti ricerche ed approfondimenti in chimica e scienze.
Da non sottovalutare inoltre è l’insegnamento dell’educazione civica, che proprio quest’anno è rientrata nelle classi, con un monte ore dedicato e come disciplina trasversale. La pandemia pone di fronte agli studenti numerose questioni, ma spetta al docente stimolare la curiosità, spingere a osservare la realtà e ad interpretarla. Qualche esempio: il ruolo delle regole nella vita sociale, le differenze tra sistemi e politiche sanitarie nel mondo, il rapporto tra lo Stato e le autonomie locali.
Per concludere, è dunque necessario che la scuola italiana colmi i suoi gap storici: la mancanza di dinamismo e innovazione e il mancato focus sulla competenza, a favore invece dell’apprendimento della nozione. Non cogliere le strade che le crisi ci indicano significa non essersi resi conto pienamente di ciò che sta accadendo; e significa portare avanti un modello vecchio che nella nuova situazione potrebbe non funzionare più.