di Federico Caldara
Quando ci saremo finalmente lasciati alle spalle questa terribile pandemia ci sarà la volontà di dimenticare questo periodo, fatto di sofferenze e di rinunce. Alcuni di questi cambiamenti, però, continueranno a far parte del nostro vissuto e questa situazione potrebbe anche averci insegnato qualcosa. Ecco le cose che non dovremo dimenticare e perdere quando torneremo a ballare in 1500 in discoteca dignitosamente brilli:
Twitch, Zoom, Discord, Clubhouse: le piazze online
Con i lockdown e i conseguenti divieti, abbiamo avuto la necessità di trovare un minimo di socialità anche rinchiusi tra le mura di casa: c’è stata, quindi, una vera e propria esplosione di piattaforme dove riunirsi tra amici in videochiamata, mentre artisti e celebrità varie hanno moltiplicato il numero di dirette sui social per tenersi in contatto con i fan. È esploso ancor di più il fenomeno dello streaming su piattaforme come Twitch (come non citare GiastTwitch) e ad inizio 2021 non eri nessuno se non avevi un invito su Clubhouse, la rivoluzione forse mancata dei social con la voce protagonista in salotti virtuali che simulano il più possibile una conversazione reale.
È nata quasi dal nulla una rete intera, un nuovo modo di rimanere in contatto dalle proprie case, sia che si tratti di una chiamata tra un paio di amici che di una diretta con migliaia di persone di una star: insomma, delle vere e proprie piazze online. Verrà tutto spazzato via dal ritorno alla vita “vera”? Forse in buona parte, ma qualcosa di questa gigantesca struttura resterà.
Smartworking, DAD: è possibile lavorare e studiare da casa?
Alcune piattaforme usate per divertirsi tra amici sono state adottate anche per le lezioni scolastiche e per le riunioni di lavoro. Per la scuola e per molti settori, un maggior uso del digitale è stato obbligato e sono stati compiuti in pochi mesi cambiamenti che forse avremmo visto in anni. Se la perdita della socialità sia per i ragazzi delle scuole di ogni livello e delle università che per i lavoratori di ogni tipo rappresenta un grave danno, in certe situazioni potrebbe non risultare così svantaggiosa l’alternativa di lavorare o studiare da casa. Probabilmente molto nel mondo della scuola e in quello lavorativo è destinato a tornare alla situazione precedente alla pandemia; tuttavia si è mostrato che in alcuni casi è possibile e percorribile svolgere la propria professione da casa, con i dovuti distinguo e ovvi limiti. Come cambierebbero le nostre vite e le nostre città se non dovessimo più spostarci per studiare e lavorare? Chiederselo prima della pandemia non aveva quasi per nulla senso. Oggi, quantomeno, è uno scenario forse improbabile ma possibile, una via alternativa con cui confrontare quelle che saranno le altre opzioni nelle scelte che regoleranno le nostre vite future.
La scienza non è un’opinione, men che meno un reality
Di sicuro tutti ricorderemo l’impennata delle presenze sui media di virologi, medici e scienziati di ogni tipo: in mezzo ad una pandemia, tra numeri, dati e ricerca, la scienza diventa protagonista, ma quello di cui la scienza non ha bisogno è lavorare con i riflettori puntati ad ogni sua mossa. La comunità scientifica può avere e spesso ha opinioni differenti, soprattutto davanti ad un fatto inedito (come lo è una pandemia in relazione al mondo e alla società del XXI secolo). Invece, il portare molti scienziati e medici in tv e sui giornali con idee diverse sul virus e sul suo andamento ha reso la scienza agli occhi dell’opinione pubblica un circo di litigi dove non si va mai d’accordo e, data l’eccessiva quantità di talk show e dibattiti sul virus, molte persone non hanno più saputo chi ascoltare e si sono stufate. Giustamente, possiamo dirlo?
La scienza formula una sua tesi definitiva dopo che una tra le miriadi di ipotesi possibili si dimostra corretta e più adatta a definire un fenomeno: così è se tutto questo processo si sviluppa nelle opportune sedi. Se il Congresso Solvay di Bruxelles del 1911, dove Planck ed Einstein dibatterono della natura dell’atomo fosse stato trasmesso in un talk show del 2020 sarebbe finita in caciara senza portare progresso scientifico ma con ottimi dati Auditel. Forse bisognerebbe parlare di no-vax e negazionisti, ma, avendo appena parlato di Planck ed Einstein, non vorrei farli rivoltare nella tomba; è giusto ribadire che la scienza non è democratica, che 2+2=4 varrà sempre anche se milioni di complottisti sostenessero il contrario.
Tutto quello che il virtuale non può sostituire
Già prima che il coronavirus entrasse nelle nostre vite c’era stata una piccola corsa verso il virtuale: VR, concerti su Fortnite, social sempre più complessi ed esperienze virtuali sempre più interattive in ogni campo. Con l’accelerazione avuta a causa del distanziamento sociale ci si è accorti che esiste un limite a questa corsa: l’elemento umano non è al 100% sostituibile e barattabile con qualsiasi tecnologia. Non che rappresenti una novità, ma forse per la prima volta ne abbiamo avuto una prova ed una conferma diretta. Quelli che oggi chiamiamo assembramenti ieri erano concerti, feste, serate, eventi sportivi, raduni… Tutta quella parte delle nostre vite che davamo per scontata e che il virus ci ha portato via dal giorno alla notte, creando solamente una gran voglia che ci si possa tornare ad “assembrare” in piena sicurezza. Oggi più che mai abbiamo imparato che non possiamo farne a meno.
Vivere con la coscienza della pandemia
Vista la durata della pandemia ci si è talmente, in una qual misura, abituati a questa situazione che forse ne si è persa di vista la quasi assurdità: in quanti credevano possibile che una pandemia avrebbe bloccato il mondo intero? Quanti pensavano che sarebbe diventato quasi normale un mondo con miliardi di persone in lockdown? Quanti addirittura avrebbero pensato di vivere in tempi di pace con misure di coprifuoco? Quella che era una possibilità remota per tutti è diventata una terribile, strana e certamente nuova realtà dove abbiamo rinunciato ad alcune nostre libertà, soprattutto alla socialità che forse mai avremmo creduto per qualsiasi motivo di perdere.
L’aver vissuto questa pandemia cambierà il nostro approccio futuro? Saremo più consapevoli della fragilità di quello che abbiamo intorno e che consideriamo normale, immutabile e scontato? Questo non vuol dire che saremo dei paranoici che si allerteranno al primo raffreddore, ma l’aver vissuto “l’impossibile” non può lasciare indifferenti.