Di Cristian Buccisano
Qui e adesso
Spesso se ne discute, sempre e comunque con l’affermarsi di pareri discordanti o contrapposti: è il tema delle ideologie politiche.
Malgrado le opinioni divergenti sul tema, è inevitabile fare i conti con un’inconfutabile realtà: le ideologie, storicamente intese come tali, sono morte insieme ai grandi partiti di massa del ‘900, chiudendo un’era di forte conflittualità sociale e aprendone una di grandi cambiamenti.
Con l’avvio della seconda repubblica abbiamo assistito a un graduale imbarbarimento della politica: con una partecipazione calante non solo al voto, ma anche all’attivismo dal basso, tanto che oggi, è credenza diffusa che l’iscrizione a un partito sia un elemento di servilismo e non più di libertà.
Chiunque sia iscritto alla “galassia democratica” – PD, GD, DD – almeno una volta ha dovuto, quasi con la stessa ansia di chi fa “coming out”, dichiararsi iscritto al PD, le reazioni dall’altra parte, a prescindere dalla credenza politica dell’interlocutore, sono spesso quasi schifate perché nel sentire comune il concetto di partecipazione politica si è ridotto all’osso: basta votare.
Che il voto sia l’elemento cardine della democrazia non vi è alcun dubbio, che 1/3 degli aventi diritto non partecipa alle urne, altrettanto.
Vi è quindi in atto una forte crisi della democrazia: è una realtà che abbiamo visto incarnarsi in un movimento politico, che partendo dal 2014 con i V-day ha raggiunto l’apice alle elezioni del 2018, trionfando nel nome dell’antipolitica, ovvero della politica che basa il proprio successo dichiarandosi contro la politica stessa: un evidente ossimoro, non certo il solo nell’ambito dei populismi che si sono susseguiti in Italia.
Alle elezioni del 25 settembre l’Italia ha visto nuovamente un indiscutibile trionfo della politica, peccato che sia stato il trionfo della coalizione di destra: Fratelli d’Italia ha espresso il volto che guiderà il prossimo governo, glielo ha permesso una linea chiara, univoca e ben comunicata, una leader credibile.
Esattamente l’opposto del PD, che senza idee né credibilità ha fatto una campagna elettorale poco efficace, con il solito appello al voto utile, la debolezza dell’argomento “antifascismo” rapportato all’estrema destra e la scarsa radicalità di proposte come il “matrimonio egualitario” – proposta sacrosanta, ma i diritti civili non possono compensare o contrapporsi a mancanze riguardo i diritti sociali.
Un’era senza santi né eroi
La citazione di uno dei pezzi cult del repertorio di Vasco Rossi incarna alla perfezione la condizione sociopolitica odierna, la stessa che ha messo in crisi l’identità della sinistra.
Una stratificazione sociale sempre più complessa che non riflette più le visioni novecentesche, visioni che possono ispirarci, ma che non possiamo più applicare in modo ideologico, è la realtà ad imporcelo.
La storia recente racconta come le nazioni non possano essere democratiche senza l’accettazione del capitalismo, la lotta di classe in quest’ottica non ha ragione di esistere ed ha lasciato spazio a una tremenda guerra tra poveri, alimentata dalle idee di estrema destra che ci ritroviamo al governo.
Pensare che esista un capitalismo che si auto regoli in modo etico è utopia, per questo sono sorte le socialdemocrazie, che con il welfare provano a colmare il divario tra il modello capitalistico-performativo e le esigenze sociali.
Esigenze storicamente portate avanti dai partiti di centrosinistra, che stanno subendo una crisi di rappresentanza: nei flussi elettorali le tendenze si sono quasi ribaltate, l’estrema destra fa il pieno nelle periferie e nei centri meno abitati.
O con l’imprenditore o con il lavoratore
La sinistra del futuro dovrà recuperare la situazione di incomunicabilità attualmente presente con le periferie, ma una rinnovata comunicazione non basta, serve un rinnovamento nel modo di fare politica, si tratta di coinvolgere le realtà sociali, di elaborare con loro le proposte.
Il rafforzamento del welfare e della mobilità ascendente devono avvenire a partire dai diretti interessati, attraverso nuove forme di partecipazione dal basso.
Il ceto medio sta passando una fase di tragico impoverimento, con i poveri relativi che aumentano insieme a quelli assoluti, finalmente dobbiamo tornare a schierarci con decisione dalla parte di queste categorie.
Occorre evitare il processo considerato inevitabile dall’anticapitalismo: la marginalizzazione delle classi meno abbienti, la sparizione del ceto medio in favore di un’élite, che dobbiamo smettere di corteggiare, definitivamente!
Non sono solo e vogliamo la sinistra
Voglio un PD che non ceda al liberismo che si è visto non tutelare i più deboli: Per troppo tempo in nome della salvezza nazionale/poltronismo abbiamo agito mediante compromessi al ribasso con l’illusione che per vincere fosse necessario allargare il campo abbiamo smarrito la nostra identità.
Il nostro partito può recuperare un’identità forte nel socialismo reinterpretato in chiave moderna : oggi più che mai ha senso definirsi “socialisti”
I Giovani Democratici -tutti, tutte e tuttə– devono avere un ruolo chiave in questa “rivoluzione”, oltre a prenderci spazio -più che meritato- nel PD dobbiamo riprenderci la giovanile stessa, darle una svolta definitiva a livello nazionale, se vogliamo differenziarci dagli attuali dirigenti che vivono nell’immobilismo.
La Rivoluzione a partire dalle piccole battaglie
La politica deve tornare ad essere lo strumento partecipativo capace di creare un’Italia che dia maggiori opportunità ai giovani di oggi.
Perché la mia, la nostra, generazione vive in un limbo; nell’era della rivoluzione tecnologica e digitale dove nonostante gli smartphone con cinque fotocamere, molti non possono crearsi un futuro, altri sono costretti a emigrare.
Per cambiare questo paese non basta ridurre tutto a una questione generazionale, potenzialmente retorica e non dissimile a quelle fatte in passato da altri: sostituzione non è necessariamente sinonimo di cambiamento.
Serve una rivoluzione e tocca noi ridarle valore, cominciando a farla senza definirla tale, è un progetto utopico e realistico al contempo, si parte dalle piccole battaglie, per giungere a un cambiamento autentico, in vasta scala.