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di Arianna Curti 


“Elly Schlein, 37 anni è la prima segretaria del PD”: diversi sono i titoli di giornale che hanno esordito più o meno così. 

Fa riflettere. Fa riflettere perché il nostro partito dovrebbe non solo definirsi per la sua natura, ma anche essere, femminista, quindi non dovrebbe stupire che sia una donna, giovane e competente a guidarlo. Eppure stupisce perché evidentemente prima di oggi come partito, abbiamo troppe volte messo in discussione la nostra identità di sinistra a tal punto da rifuggire il termine “femminismo” e quegli atti che di un pensiero femminista avrebbero espresso l’estrinsecazione pratica così che non solo la società si stupisca ancora che una donna possa guidare un partito, già cosa piuttosto grave ed emblematica dell’arretratezza di pensiero che purtroppo contraddistingue il nostro Paese, ma ancora di più che questa donna guidi il PD. 

“Io sono a favore della parità di genere, però non mi definisco femminista”, questa frase l’abbiamo sentita spesso sia nelle strade che addirittura nei circoli PD. Eppure essere a favore della parità tra i generi è proprio essere femministe, femministi, femministə secondo la definizione attuale di femminismo

Prima caratteristica della Segretaria eletta: non avere paura delle parole

La sua mozione si apre con l’ecologismo, che non è una parola da non utilizzare perché fa radical chic, ma è un’urgenza vera di oggi e di domani, parla di redistribuzione, di matrimonio egualitario, di abolizione degli stage e di una linea di partito che guarda al femminile plurale, parla di femminismo intersezionale.

Altra cosa innovativa: ha voluto a capo delle varie liste in assemblea donne, competenti e giovani perché la sua è una leadership plurale. Quindi è un femminismo da intendersi non come baluardo personale, ma come linea di guida democratica plurale dove le donne che riescono a raggiungere traguardi condividono il successo, il privilegio, democraticamente con le donne che fino ad oggi erano state ai margini, dove non vige il principio dell’una al posto di mille, ma dell’una insieme ad altre e altri mille, democraticamente, fondando il tutto su quella uguaglianza formale e sostanziale che l’art. 3 della nostra Cost. scolpisce, ma che poi pratichiamo purtroppo sempre troppo poco.

Democrazia, sostantivo femminile, da intendersi concetto plurale perché viene da “demos” cioè popolo, nome collettivo, plurale.

E’ questo che ci si immagina con la sua leadership, con i comitati spontanei che l’hanno sostenuta in questi mesi: un nuovo modo di fare politica, paritario tra generi diversi, collettivo, plurale nelle idee, declinato a favore delle differenze non appiattite, ma al contrario valorizzate, unicizzate. La politica di Schlein è una politica dove la specificità individuale è portata collettiva perché “parte da noi”, che non significa né che finisca con noi né che siamo noi il centro. Noi siamo l’appoggio, la zattera, la risorsa ultima, quello che resta, quello che si riconosce, briciole, ma allo stesso tempo pietre.

“C’è molta differenza fra leadership femminili e leadership femministe”

Quindi Elly Schlein mi rappresenta e sono felice che abbia vinto non perché è una donna, ma perché donna competente e femminista.

Negli anni abbiamo avuto spesso colleghe molto valide, ma relegate a posizioni anche importanti, ma mai al vertice come se questo soffitto di cristallo fosse destinato inesorabilmente a persistere.  Abbiamo oggi una Presidente del Consiglio donna eppure, personalmente, non credo che sia sufficiente.

Invece credo che una presenza come quella di Elly Schlein sia necessaria in quanto donna che ha vinto sovvertendo le logiche individuali e accentratrici, fondate troppo spesso sul privilegio di uno solo o una sola, per fondare un modello nuovo di condivisione di responsabilità verso il Paese con quella comunità democratica che ogni giorno sceglie di guardare al PD e alla sinistra in senso ampio.

La differenza sostanziale che ha permesso la sua vittoria non sta pertanto nella portata innovatrice come qualcuno sostiene, ma al contrario nella riscoperta delle fondamenta sostanziali sulle quali la storia del PD poggia le sue radici dalla lotta alle disuguaglianze, allo spirito democratico, al pacifismo, all’ecologismo, al femminismo a partire da un ingrediente fondamentale come la coerenza del pensiero.

Lei non si è piegata ad alleanze che annacquassero la specificità che il partito democratico a livello ideologico esprime, l’alleanza con i 5s, i governi di larghe intese troppo spesso però di piccole vedute, confuse di compromesso fino all’annacquamento di posizioni per essenza estremamente diverse; il suo allontanamento dal Pd non va letto come abbandono, ma al contrario come salvaguardia di un intimo idealismo non solo astratto, ma praticato nel proprio comportamento, difeso. Quante volte ciascunə di noi, militantə avrebbe voluto avere quella stessa dose di coraggio, di indipendenza di pensiero? Coraggio può essere rimanere, vero, talvolta però è coraggio anche lasciare la propria casa nell’attesa dei tempi maturi che oggi sono arrivati.

“Senza la base scordatevi le altezze”, quante volte lə segretarə hanno parlato di rimettere al centro i circoli? Eppure è sempre risultato difficile. La leadership di Schlein al contrario parte da una mozione costruita dalla e con la base nei diversi territori italiani ed è per questo che trovo emblematica quella sua frase: il comitato Schlein era ed è un comitato vivo, intergenerazionale, ma con una forte centralità della componente giovanile, per la quale non parlano altrə, ma protagonista attiva, dove base è essere fondante, non essere scontato o funzionale all’altezza, ma propedeutico alle altezze, intese come obiettivi condivisi.

Anche stavolta non ci hanno viste arrivare… ma ci sentiranno”

La leadership di Schlein si contrappone al modello intrinsecamente machista di uomo forte al comando, che nell’immaginario collettivo si pensa sia la forma vincente di guida di gruppi e partiti forti.

Per fortuna – oserei dire che – nella società in cui siamo e viviamo esiste sempre meno possibilità e spazio per l’individualismo, non è più tempo, ma anzi funzionano meglio le società e i modelli dove oneri e onori sono condivisi: come ci insegna la nostra costituzione dove ogni organo ha la sua specificità intrinseca ed è necessario al funzionamento del Paese. 

Questo permette a ciascunə di sentirsi non essenziale, ma necessariə e partecipe all’interno di un percorso collettivo. Trovate qualcosa di più potente e rivoluzionario e coinvolgente di un messaggio che per la prima volta davvero riesce a far parlare e sentire chi per anni è rimastə ai margini. Proprio per questa sua caratteristica non ci si è accorti che quella che si è scatenata è un’onda di persone della società civile, del paese reale, vicine alla politica delle idee e ormai lontane da quelle logiche di partito che con impegno tante e tanti di noi a ogni livello stanno provando o hanno provato a cambiare – dinamiche datate- che hanno determinato il 15% al quale siamo caduti -come PD- secondo i sondaggi pre-congresso. 

Non ci si aspettava una risposta popolare alle primarie di un milione di persone con l’astensionismo al 60% circa che aveva caratterizzato le amministrative di solo qualche settimana fa: eppure c’è stato e di questo dobbiamo credo rendere merito a tutte e tutti i candidati, in particolare agli ultimi due arrivati in fondo alla lunga maratona delle primarie. 

Pur molto diversi, hanno mostrato all’Italia un volto credibile, collaborativo e appassionato. Forse è proprio questo il partito che vogliamo, determinato, chiaro, credibile, appassionato e collaborativo.

Bisognerà continuare a lavorare per un partito plurale che faccia rete, per mostrare qualcosa di nuovo che possa ripartire veramente da iscrittə e dal “popolo delle primarie”.

Per questo la sua leadership deve continuare ad essere come lei : femminista, donna libera e appassionata, competente, in grado di mostrare una strada nuova e plurale. E al contempo antica verso le nostre radici più profonde, che non si vergogni di chi è, né voglia urlarlo a gran voce, ma punti ad esserlo quotidianamente e coerentemente.

Ora post congresso, i dati ci dicono già di tremila nuove tessere al partito democratico, tremila persone che hanno deciso di dare la loro fiducia a questo progetto, di fare loro quel “parte da noi” che insieme ad Elly Schlein è arrivato con forza in ogni casa, in ogni assemblea, in ogni dibattito fino a scatenare un’onda collettiva, fiera e libera di cui il Paese e il PD avevano bisogno veramente.

Ora non resta che mettersi al lavoro.

Redazione GD

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La Redazione è lo spazio di approfondimento e confronto pubblico dei Giovani Democratici di Milano Metropolitana!

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