di Elsa Piano
Mercoledì 22 novembre alle ore 16.30 ha avuto luogo davanti alla Statale di Milano, in via Festa del Perdono, un flashmob contro la cultura dello stupro e in ricordo di Giulia Cecchettin e alle altre vittime di femminicidio.
Il flashmob si è tramutato poi in un corteo, che ha manifestato davanti al Tribunale e alla Prefettura, per poi concludersi in Porta Venezia. Tutti i partecipanti hanno fatto rumore per Giulia smuovendo chiavi,pentole e borracce.
Un problema così grave e tragico, che interferisce in ogni parte della nostra vita, finalmente è stato preso in considerazione dalla politica, però ,come ben sappiamo, non ci voleva un ennesima tragedia per renderci conto che viviamo in una società patriarcale, una società che attacca quotidianamente la nostra individualità femminile.
Mi sono commossa nel vedere tanti ragazzi e futuri uomini che si sono messi in discussione sostenendoci e partecipando insieme alle donne alla battaglia: ho ricominciato a credere nell’umanità.
Un’umanità che è pronta a cambiare, pronta a sensibilizzare e a non lasciare nessun* indietro, forse per la prima volta, come molti altri, mi sono sentita fautrice di un cambiamento, e quest’ultimo è interamente nelle nostre mani: dobbiamo guardarci dentro, disintossicarci da atteggiamenti, parole sbagliate e pensieri che svalutano altr* e in primis noi.
Possiamo unirci e rimediare senza odio e senza cercare un colpevole. Possiamo scrivere nel nostro futuro un nuovo capitolo dedicato a una società dove le donne sono tutelate e possono, per quanto dovrebbe già essere la normalità, girare per le strade senza girarsi continuamente per paura che qualcuno le segua.
Si deve rompere con questo ciclo di violenza, ereditato dai secoli passati quando ogni sesso aveva il suo ruolo. Noi donne non siamo sottomesse e voi uomini non dovete essere padroni. Questo non significa affatto essere deboli, anzi mostrare le proprie fragilità rende forti e autentici.
Un legame non si crea in base a quello che impone la società, non vi sono oppresso e oppressore, non vi sono debole e forte- L’amore in tutte le sue declinazioni è libero e senza schemi preconcetti.
La nostra generazione sta patendo anni di mancata educazione sessuale e affettiva a scuola e in famiglia. Purtroppo, si è dato per scontato che non servisse una base d’insegnamento e invece adesso, in un drammatico momento di svolta, risulta essere essenziale.
Adesso il ddl contro la violenza di genere è legge, si rafforza il codice rosso, la legge numero 69, ma è solo l’inizio di un lungo percorso.
Filippo Turetta, l’assassino di Giulia, è un figlio sano della cultura patriarcale, e per quest’ultima si è sentito legittimato nel compiere le atrocità che conosciamo. Spesso quando una donna, una di noi, denuncia il suo persecutore le forze dell’ordine giudicano l’allarme esagerato e non intervengono. Si pensa sia frutto della sua immaginazione oppure che si tratti di normali litigi tra fidanzati. Così non è come dimostrano tristemente i numeri: dal 1° gennaio di quest’anno sono state uccise 106 donne.
Se ci sono ancora uomini che minimizzano la sofferenza femminile è perché una cultura intrisa di sopraffazione, senso del possesso e controllo, serpeggia tutt’oggi nella società italiana. Spesso si riduce l’offesa ad uno scherzo, a una cosa di poco conto, calpestando il ricordo delle nostre madri e sorelle per tutelare un sistema ingiusto e lontano dalla società che noi vogliamo.
Uniamoci quindi per rendere libere e difendere le Giulie del futuro.
Parmi non sol gran mal, ma che l’uom faccia
contra natura e sia di Dio ribello,
che s’induce a percuotere la faccia
di bella donna, o romperle un capello:
ma chi le dá veneno, o chi le caccia
l’alma del corpo con laccio o coltello,
ch’uomo sia quel non crederò in eterno,
ma in vista umana un spirto de l’inferno.
L. Ariosto, Orlando Furioso, Canto V, 3