di Francesco Martano
“Gloria all’Ucraina”. Un urlo di liberazione e resistenza. Una voce che percuote le fondamenta del mondo e pone interrogativi esistenziali sugli equilibri geopolitici della terra. “Slava Ukraini”, cioè “Gloria all’ Ucraina”, è il titolo di questa nuova rubrica che cerca di raccontare, con parole e immagini, la storia della guerra che ha fatto tremare l’Europa. Questo progetto di graphic journalism si propone di calare gli occhi sul campo di battaglia e raccontare gli sviluppi del conflitto mese dopo mese, raccontando il cammino di resistenza di un popolo e di una nazione intera. Leggi gli altri numeri qui
La guerra in Ucraina continua. Continua nonostante l’opinione pubblica sembri ormai più attenta ad altri scenari internazionali. Il conflitto in Medio Oriente in primis, ma anche l’instabilità nel Mar Rosso e nei paesi del golfo arabo. Si sa, il gioco della guerra si fa utilizzando anche l’arma della propaganda. Tentare di indirizzare l’opinione della popolazione verso certe convinzioni è lo strumento che utilizzano tutti i governi nello scenario di un conflitto. Capita quindi che il governo ucraino, che a stento ormai porta avanti la sua attività di resistenza, si trovi a fare i conti con un opinione pubblica globale (statunitense soprattutto) sempre più stanca di questa guerra e sempre più concentrata e preoccupata per altri conflitti che infiammano il pianeta. Resisterà Zelensky? È ormai isolato o può contare sul fronte dei suoi alleati? Sono queste alcune domande che sorgono spontanee analizzando il contesto della guerra in Ucraina. Il lungo inverno che sta passando vede il popolo aggredito faticare nella sua controffensiva e preoccupato per la tenuta dei suoi alleati. Non deve infatti dormire sonni tranquilli Zelensky pensando alle preoccupazioni che colpiscono gli americani, fino ad ora in prima linea nel sostenere la causa ucraina. Gli statunitensi, infatti, si trovano adesso a dover bilanciare le loro energie tra la guerra alle porte d’Europa e il conflitto in Medio Oriente.
Un’operazione decisamente delicata per Joe Biden che avverte il peso della responsabilità su entrambi i conflitti. Ma sappiamo anche che il 2024 sarà l’anno delle elezioni e dell’arrivo di un nuovo inquilino alla Casa Bianca. Il ritorno di Donald Trump nello studio ovale è una possibilità più che concreta, e stando alle sue parole, non è difficile immaginare che una sua vittoria porti a un cambiamento radicale di
atteggiamento degli stati uniti nei confronti della guerra. Un’inversione di rotta non a favore degli ucraini. È evidente che un cambio di passo degli USA sarebbe un cambiamento non da poco nel corso del conflitto, e da qui si capisce perfettamente la preoccupazione di Zelensky nel chiedere continuo supporto ai suoi alleati. La guerra però, oltre che nei palazzi del potere, dove i leader fanno i calcoli con le loro coscienze e le loro convenienze, si combatte soprattutto nel campo di battaglia, dove scorre il sangue degli uomini e dove il tempo è fermo in una dimensione parallela. Una dimensione senza apparente via d’uscita.
Come procede la controffensiva ucraia sul campo? E l’avanzata dei russi? Per analizzare la situazione è fondamentale considerare la dinamica complessiva dei combattimenti lungo la linea di contatto dei due eserciti. È evidente attualmente che l’iniziativa sia in mano ai russi, mentre le forze ucraine si limitano a condurre attacchi locali e di contenimento. I russi stanno esercitando una pressione molto intensa che sta causando diversi problemi per il comando ucraino, soprattutto nella sua fase di avanzata. Inoltre gli Ucraini fanno i conti con una crescente carenza di munizioni di artiglieria che sta portando il loro esercito a una modifica nella tattica. Ora infatti, l’esercito ucraino invece di concentrare le sue forze sta applicando una crescente pressione in vari punti con unità di uomini più piccole. Questo aspetto costringe Kiev a dividere le proprie riserve e a ridurre drasticamente l’efficacia della sua artiglieria, questo a causa della difficoltà nel concentrare il fuoco sia per mancanza di munizioni che di obiettivi strategici. C’è anche da notare che attualmente la forze ucraine stanno facendo un crescente ricorso all’uso di droni per mera carenza di artiglieria. È evidente però la difficoltà dell’esercito di Kiev, nonostante l’efficacia delle sue armi, nel contrastare gli attacchi russi. Mosca dal canto suo esercita una crescente pressione su un numero sempre maggiore di direzioni e questo, naturalmente, ha portato a un rallentamento nei tempi di reazione delle forze ucraine. Infatti, spostare in continuazione unità di uomini da un fronte all’altro rende difficile per gli uomini di Kiev gestire le già limitate riserve, in un palcoscenico di guerra che cambia velocemente. Per queste ragioni, l’esercito ucraino si trova a dover assumere una postura strategica simile a quella utilizzata dai russi nei mesi primaverili ed estivi ovvero, quella di avere un atteggiamento difensivo e allo stesso tempo reattivo. Un’impresa non da poco. L’esercito ucraino, nella sua lotta di resistenza contro l’orso russo, si trova a dover gestire una pressione offensiva che è costante nel tempo e si concentra su diversi fronti. Possiamo citare ad esempio le città di Avdeiivka, Bakhmut, Kupjansk, Svatove, Marinka ed altre. Questa strategia è portata avanti con consapevolezza dall’esercito russo, che può contare sulla sua netta superiorità in artiglieria e aviazione, sulla sua produzione industriale di massa e sulla sua superiorità demografica, che permette un flusso continuo di uomini da sfruttare nel conflitto.
L’esercito ucraino, invece, si trova in una posizione prevalentemente difensiva lungo l’intero fronte di guerra, e tutto ciò implica che per stabilizzarsi sulle sue posizioni durante il periodo invernale potrbbe essere costretto a ritirarsi, cedendo a Putin terreno, nel migliore dei casi, intere città, nel peggiore. Proprio a causa di questa situazione critica il governo di Zelensky ha avviato la decima campagna di reclutamento
dall’inizio della guerra, con l’obiettivo di arruolare altri 500.000 soldati. Una campagna che però sta incontrando non poche difficoltà, a causa sia della situazione demografica ucraina e sia dalla scarsità di volontari. Questi aspetti problematici stanno costringendo Kiev a prendere decisioni drastiche per il reclutamento di personale, tanto che presto si potrebbe veder arrivare al fronte addirittura persone con
disabilità e donne dai venticinque anni in su. Alla luce di tutto ciò, non è difficile comprendere che per gli ucraini le cose non vanno come dovrebbero andare. Questo dovrebbe spingere noi europei, che ci troviamo questa guerra alle porte di casa, a profonde riflessioni. “Ho bisogno di armi, non di un taxi.” Era questa la frase che nel febbraio 2022, a conflitto appena iniziato, aveva fatto diventare Volodymyr Zelensky una sorta di eroe agli occhi di noi occidentali. Un presidente di uno stato invaso che rifiuta la protezione di una potenza tanto più grande di lui (gli Stati Uniti) per rimanere nella sua terra e commettere il più eroico degli atti politici. Quello di resistere. Resistere per tutti noi. Già, perché la resistenza degli ucraini va a riguardare tutta la nostra storia, ora minacciata da un ritorno a un passato imperiale e liberticida.
In questa rubrica è già stata espressa l’idea che in Ucraina non si lotta solo per conquiste e riprese di territorio. Quello della
guerra in ucraina è un palcoscenico dove entrano in causa due visioni opposte di stare al mondo. Una visione, la nostra, basata sulla libertà, e una visione meramente imperiale. Sta a noi europei ed occidentali continuare a supportare la causa ucraina, una nazione che ha bisogno dei nostri aiuti di ogni tipo, non ancora dei nostri taxi.