Si apre una nuova rubrica, mensile, in collaborazione tra GD Milano e GD Cast!
Cogliamo l’occasione per consigliarvi l’ascolto di questo podcast a cura dei Giovani Democratici del Bollatese, impegnato ma non impegnativo, attivo e attivista: https://open.spotify.com/show/32coYrSU6zEfYpCJ2N5Wiy?si=G5QnyEgjTtOynxq_Ed_Rmg
In questo nuovo progetto insieme, dal titolo GD Radio, scopriremo le canzoni, i dischi e gli artisti che hanno messo al centro la politica (in tutte le sue forme) nelle loro produzioni. Leggi gli altri numeri di GD Radio qui
di Christian Caccia
A poche ore dalla finale del 74° Festival di Sanremo partiamo per un viaggio, il primo di GD Radio, alla scoperta di quelle canzoni che hanno fatto risaltare qualche tematica diversa dal solito, dal punto di vista sociale e/o politico.
Si può pensare che a Sanremo facciano da padrone le rime con amore: probabilmente è così, ma preparatevi a (ri)scoprire piccoli capolavori impegnati della storia della kermesse sanremese.
Il festival dell’impegno inaspettato: Sanremo 1966
Torniamo in un mondo in bianco e nero, con Mike Bongiorno alla conduzione direttamente dalle sale del Casinò di Sanremo, in occasione del sedicesimo Festival della canzone italiana.
Protagonista assoluto della manifestazione è Adriano Celentano, da sempre cantautore impegnato e attento alle tematiche sociali.
In questa occasione presenta una delle canzoni più famose della sua intera produzione: “il ragazzo della Via Gluck”
In questa ballata folk, che narra una Milano che già all’ epoca non esisteva più, il “molleggiato” ci parla dei trasferimenti dalla campagna alla città, chiudendo poi con la prima grande denuncia ambientalista della storia della musica italiana.
È una fortuna, per voi che restate
A piedi nudi a giocare nei prati
Mentre là in centro io respiro il cemento
Ma verrà un giorno che ritorneròNon so, non so
Perché continuano
A costruire, le case
E non lasciano l’erba
Non lasciano l’erba
Curiosità: questa canzone non arrivò alla serata finale, scatenando le ire del gruppo di supporto a Celentano (Il Clan), il quale arrivò ad occupare le sale del Casinò di Sanremo, per poi essere scortati all’ esterno dalle forze dell’ordine.
Nelle stesse serate, con una canzone inizialmente scritta proprio per Celentano, una debuttante Caterina Caselli porta un brano diventato poi iconico: “Nessuno mi può giudicare”
Il ritmo beat della canzone e il look molto anglosassone della Caselli non furono visti di buon occhio all’ inizio, ma la canzone si classificò seconda in classifica, per poi diventare uno dei maggiori successi del 1966.
Creò anche scandalo che nel testo si facesse riferimento alla possibilità di scelta tra diversi partner, rendendo la canzone un inno femminista ante-litteram (diventando, nel 2000, anche l’inno del primo Gay Pride mondiale svolto a Roma)
Ognuno ha il diritto di vivere come può
(La verità ti fa male, lo so)
Per questo una cosa mi piace e quell’altra no
(La verità ti fa male, lo so)
Se sono tornata a te
Ti basta sapere che
Ho visto la differenza fra lui e te ed ho scelto te
Pierangelo Bertoli: un cantastorie a Sanremo 1992
Fra tutti i cantanti italiani del passato, Pierangelo Bertoli non è sicuramente quello che assocereste di più al Festival.
Nel 1992, però, il cantautore di Sassuolo portò “Italia d’oro”, uno dei testi più poetici portati sul palco dell’Ariston nell’ intera storia della manifestazione
Il cantante emiliano mise al centro della canzone i temi della dilagante corruzione di quel periodo e delle stragi di mafia, anticipando per certi versi Mani Pulite e i tragici fatti che colpiranno l’Italia intera tra il 1992 e il 1993.
E torneranno a parlarci di lacrime dei risultati della povertà
delle tangenti e dei boss tutti liberi
di un’altra bomba scoppiata in cittàSpero soltanto di stare tra gli uomini
che l’ignoranza non la spunterà
che smetteremo di essere complici
che cambieremo chi deciderà
Il caso Faletti: Signor Tenente – Sanremo 1994
Con le stragi di Capaci e Via d’Amelio ancora vivide nella memoria collettiva, con le prime elezioni post Prima Repubblica alle porte, l’allora conosciuto come comico Giorgio Faletti portò al Festival una delle canzoni più inaspettate di sempre.
Parlando dal punto di vista delle forze dell’ordine impegnate contro la mafia, l’autore piemontese ci trasporta nelle paure degli uomini dello stato e di una generazione intera.
Ed è così, tutti sudati
Che abbiam saputo di quel fattaccio
Di quei ragazzi morti ammazzati
Gettati in aria come uno straccioCaduti a terra come persone
Che han fatto a pezzi con l’esplosivo
Che se non serve per cose buone
Può diventare così cattivo che dopo
Quasi non resta niente
In quell’ edizione, con “Signor tenente”, Giorgio Faletti vinse il Premio della critica e si classificò secondo nella classifica finale.
La Terra dei cachi: Elio e le Storie Tese a Sanremo 1996
Italia si, Italia no, Italia Prot!
Quello che Bertoli fece con la poesia, il gruppo milanese lo fece con l’ironia.
La denuncia della situazione politico- sociale, spaziando dalle abitudini di costume italiane, il tutto inframezzato da performance storiche (dal suonare live l’intero brano in circa un minuto a costumi impensabili).
“La terra dei cachi” è sicuramente una delle canzoni più conosciute tra quelle che vedremo in questo nostro viaggio attraverso i Festival del passato ma non potevamo non metterla!
Italia sì, Italia no, Italia bum, la strage impunita
Puoi dir di sì, puoi dir di no, ma questa è la vita
Prepariamoci un caffè, non rechiamoci al caffè
C’è un commando che ci aspetta per assassinarci un po’
Una pizza in compagnia, una pizza da solo
In totale molto pizzo, ma l’Italia non ci sta
E poi lo sappiamo tutti: loro hanno vinto quell’ edizione e Baudo li ha derubati…
L’Impegno al crepuscolo del Berlusconismo: gli Afterhours a Sanremo 2009
Abbandoniamo gli anni ’90 e spostiamoci all’inizio dell’apertura indie del Festival (che vediamo, con alterne fortune, ancora oggi).
Simbolo della Wave rock italiana di fine anni ’90, il gruppo capitanato da Manuel Agnelli affresca i dubbi di una generazione, sballottata tra disimpegno, cazzate e voglia di cambiare lo status quo, con il brano “Il paese è reale”
Piangi fermo in tangenziale
Inseguivi una cazzata
Era splendida e dorata
Fresca e avvelenata
Adesso fa qualcosa che serva
Che è anche per te se il tuo paese è una merda
C’è una strada in mezzo al niente
Piena e vuota della gente
E non porta fino a casa
Se non ci vai tu
Io voglio far qualcosa che serva
Dir la verità è un atto d’amore
Fatto per la nostra rabbia che muore
Dalle esperienze personali a valori universali: Ermal Meta – Sanremo 2017
Passiamo ad anni più recenti, con la svolta social e la popolarità del Festival nuovamente diffusa, sia tra i più affezionati che tra i giovani.
Il cantante di origini albanesi è un volto abbastanza presente nelle ultime edizioni (vincendo, assieme a Fabrizio Moro, nel 2018 con “Non mi avete fatto niente”).
Nel 2017 Meta ci porta nella sua infanzia, tra gli abusi domestici subiti dalla madre, con “Vietato Morire”.
Con gli occhi del bambino che fu, l’ex cantante dei La Fame di Camilla, ci consegna un messaggio di speranza, dedicandolo proprio a sua madre, la quale partì dall’ Albania anche per fuggire da un marito violento.
Ricordo il primo giorno di scuola
29 bambini e la maestra Margherita
Tutti mi chiedevano in coro
Come mai avessi un occhio neroLo sai che una ferita si chiude e dentro non si vede
Che cosa ti aspettavi da grande, non è tardi per ricominciare
E scegli una strada diversa e ricorda che l’amore non è violenza
Ricorda di disobbedire e ricorda che è vietato morire, vietato morire
Questo brano valse ad Ermal Meta il terzo posto finale e il premio della critica.
Perché lo fai? Perché una vecchia balla? – Lo Stato Sociale a Sanremo 2018
Ben lontani dalle vette del loro album “Turisti della Democrazia” del 2013, il gruppo indie bolognese ci ha fatto divertire durante quell’edizione, tra la “vecchia che balla” e quel giusto grado di citazionismo che fa spesso capolino nelle produzioni contemporanee.
Lo Stato Sociale ci lascia con un dubbio atavico: perché facciamo proprio quello che stiamo facendo? Perché recitiamo una parte, nel grande schema della vita di tutti i giorni?
La soluzione, forse, è passare “Una vita in vacanza”, per essere realmente noi stessi
Fai il ricco di famiglia, l’eroe nazionale
Il poliziotto di quartiere, il rottamatore
Perché lo fai?E fai il candidato poi l’esodato
Qualche volta fai il ladro o fai il derubato
E fai opposizione e fai il duro e puro
E fai il figlio d’arte, la blogger di moda
Perché lo fai?
Perché non te ne vai?Una vita in vacanza
Una vecchia che balla
Niente nuovo che avanza
Ma tutta la banda che suona e che canta
Per un mondo diverso
Libertà e tempo perso
E nessuno che rompe i coglioni
Nessuno che dice se sbagli sei fuori
Avremmo potuto inserire sicuramente altre canzoni in questo nostro viaggio tra i ricordi più politicamente impegnati del Festival di Sanremo.
Chissà cosa ci resterà di questa edizione, la settanquattresima della storia e la quinta conduzione consecutiva per Amadeus.
Una cosa sola rimane certa: i commenti social indignati di Adinolfi e/o Pillon contro la propaganda Gender.
Perché Sanremo è Sanremo, e che Sanremo sarebbe senza polemiche!?