di Francesco Martano
“Gloria all’Ucraina”. Un urlo di liberazione e resistenza. Una voce che percuote le fondamenta del mondo e pone interrogativi esistenziali sugli equilibri geopolitici della terra. “Slava Ukraini”, cioè “Gloria all’ Ucraina”, è il titolo di questa nuova rubrica che cerca di raccontare, con parole e immagini, la storia della guerra che ha fatto tremare l’Europa. Questo progetto di graphic journalism si propone di calare gli occhi sul campo di battaglia e raccontare gli sviluppi del conflitto mese dopo mese, raccontando il cammino di resistenza di un popolo e di una nazione intera. Leggi gli altri numeri qui
Calarsi negli occhi dell’altro è un esercizio difficile per ogni collettività. Anche noi occidentali sovente siamo abituati a osservare il mondo esclusivamente dalla nostra prospettiva. Difficilmente riusciamo ad accettare il fatto che ci siano popoli che vivono il mondo in maniera diversa dalla nostra. Sembriamo ignorare il fatto che fuori dall’Occidente viva la maggior parte della popolazione mondiale. Con i suoi usi e i suoi costumi, ovviamente. Desiderosi di imporre il nostro modello democratico su tutto il globo, modello umanamente imperfetto come naturale, attribuiamo a soggetti estranei a noi profili democratici e libertari, ignorando, per comodità, le vere identità degli uomini di cui parliamo. Vizio frequente in politici e uomini di stato massimi sostenitori del modello occidentale a matrice statunitense. Modello, sia chiaro, migliore in cui vivere per noi abitanti di questa parte della terra.
È notizia di pochi giorni fa la notizia della morte di Alexey Navalny, oppositore storico di Vladimir Putin, deceduto ufficialmente il 16 febbraio per un malore dopo una passeggiata, presumibilmente ucciso dal regime del Cremlino, allergico come tutti gli imperi alle voci ribelli. Ma chi era quest’uomo? E perchè ci può far capire meglio il popolo russo? Nonostante dipinto da quasi tutti i media occidentali come un uomo alla ricerca della democrazia e della libertà, la storia di Navalny svela cose non secondarie di lui. Sostenitore della guerra in georgia del 2008 e dell’espulsione dei cittadini georgiani dal territorio della federazione russa, favorevole a un reingresso dell’ucraina sotto la sfera d’influenza sovietica, Navalny possedeva anche lui una visione imperialista della sua terra. Esattamente come il suo nemico Putin, aveva ben chiaro quale dovesse essere il destino del suo popolo. Il come raggiungere tale obiettivo è ancora il motivo di divisione tra il capo del Cremlino e i suoi detrattori. La Russia si considera ancora un impero, con le sue ambizioni e le sue paure. Questa è una condizione presente costantemente nei cittadini russi, anche fra quelli che detestano Putin. In questi contesti storici infatti, spesso il despota viene spodestato non per rincorrere lontane condizioni di democrazia, condizioni mai conosciute e di cui quindi non si ha nostalgia, ma perché il tiranno di turno non viene più ritenuto in grado di perseguire gli interessi imperiali delle nazioni. Ideologia a parte però, va sicuramente riconoscitto il coraggio di un uomo che ha volutamente deciso di tornare in patria per sfidare apertamente il tiranno di turno, pagando questo gesto con la sua stessa vita.
Nei contesti di guerra però, le lotte di potere non avvengono mai solo per uno schieramento. Anche in Ucraina la leadership del presidente Zelensky trova ostacoli al suo cammino. È notizia di dieci giorni fa la rimozione dal suo incarico di Valery Zaluzny, ex comandante in capo delle Forze armate ucraine. Nonostante i comunicati ufficiali del presidente Zelensky, che descrivono la rimozione di Zaluzny come un atto pacifico in cambio di un importante compenso economico, la vicenda nasconde lotte interne al sistema amministrativo di Kiev, che vedeva in Zelensky e Zaluzny una sempre più distante visione dell’andamento della guerra. È probabile perciò che la crescita di popolarità che stava ottenedo l’ex comandante delle forze armate ucraine tra i cittadini della nazione abbia spinto Zelensky a sbarazzarsi di lui per non avere intoppi nel suo cammino di resistenza. Una resistenza che ricordiamo va sostenuta da noi europei per salvaguardare i nostri valori di libertà e democrazia, messi sotto accusa da un regime liberticida che minaccia le sovranità e le libertà altrui. Non deve stupire particolarmente il gesto di Zelensky riguardo il suo ex comandante delle forze armate. Nella missione straordinaria ed eroica che il capo del governo di Kiev si trova ad affrontare, avere vicino a lui una cerchia di uomini fedeli influenza in positivo la lucidità con cui prendere le delicate scelte che è chiamato ora a fare. Ma i dissidi interni, la stanchezza e la paura della popolazione per questo conflitto, non sono gli unici problemi di Zelensky.
Alle prese con una resistenza sempre più difficoltosa, l’ex attore della città di Kryvyj cerca di muovere nello scacchiere della guerra le sue truppe per superare l’ormai lungo stallo in cui si è fermato il conflitto. Tempo infinito in cui sgorga il sangue degli uomini, e in cui la vittoria netta di un esercito sull’altro sembra ormai un’ illusione per entrambi le parti. Causa l’insufficienza dei mezzi militari che entrambi gli schieramenti hanno per ottenere ciò che desideravano a inizio della guerra. Quando i sogni imperiali da una parte e i desideri d’indipendenza dall’altra giustificavano il sangue che si sarebbe versato. Nel solo mese di gennaio le forze armate russe hanno attuato numerose offensive. L’ultima di esse, nei pressi del fiume Zherebets, è risultata particolarmentee efficace e molto critica per l’esercito di Kiev. Se l’esercito ucraino non riuscirà a lanciare contrattacchi efficaci per tentare di stabilizzare il fronte, le forze russe potrebbero ottenere significativi vantaggi strategici. Molto è cambiato dall’inizio di questa guerra, quando sembrava che la resistenza ucraina, dettata dagli umori della sua popolazione, sarebbe riuscita a spiazzare l’orso e ricacciarlo nella sua tana. Sogno di gloria che si guarda ormai con nostalgia. Pensando anche a come la gente di Kiev sta reagendo, demoralizzata, alle perdite di territori da parte del suo esercito. In primis, la ritirata da Avdiivka, nell’est del paese, perdita che ha significato consegnare alla Russia la sua vittoria più grossa dallo scorso maggio. Difficile condurre una guerra quando le anime che compongono la tua nazione incominciano a sentire il peso psicologico di ciò che accade. In una situazione di stallo come questa, è difficile capire come evolverà questa guerra. Calarci negli occhi dell’altro però, cercare di capire di capire le sue emozioni e le sue paure, può aiutarci a capire come muoverci nel labirinto di questa storia.