di Roberto Gaziano e Elsa Piano
Quello del gender ideological gap è un fenomeno nuovo. Ciò a cui assistiamo è un interessante trand storico che riguarda la nostra generazione. In questo articolo, la Redazione vuole raccontarvi di questa nuova situazione (di cui si parla pochissimo in Italia) e fornire due interpretazioni riguardo le sue cause e possibilità politiche.
Dalla fine del XX secolo ad oggi si è aperta una nuova spaccatura tra i due sessi, non economica o sociale come in passato, ma ideologica.
Infatti, dalla fine degli anni ‘80 ad oggi, sta crescendo una divergenza tra l’elettorato giovane (18-30) maschiele e femminile, che vede un progressivo spostamento verso sinistra delle donne contrapposto a uno spostamento opposto degli uomini.
Come si vede dai dati, negli ultimi anni in Germania, UK e USA (in modo simile ad altri paesi occidentali) si è aperto un divario tra la collocazione politica maschile e femminile, che oscilla intorno al 25-30%.
La nascita del gender ideological gap comincia a svilupparsi in concomitanza con lo svilupparsi dell’emancipazione economica e sociale femminile.
Infatti, come mostra il grafico sottostante, dalla fine degli anni ‘80i vi è stata non solo una crescente diminuzione della disparità tra uomo e donna, ma vi è stata anche un’accelerazione di questo processo.
Se infatti nel quinquennio ‘76-’81 il gender pay gap (calcolato sul salario mediano) è diminuito del 6,7% e del 4,5%, rispettivamente in USA e UK, nel quinquennio ‘91-’96 è diminuito del 14% e del 11,7%. Se andiamo a vedere i dati tra le giovani lavoratrici negli Stati Uniti, il gender pay gap diminuisce ulteriormente (8%, dati 2022).
È evidente una correlazione tra l’emancipazione economica (e sociale) e il progressivo spostamento verso partiti di sinistra dell’elettorato femminile; che diventa lampante se osserviamo le giovani generazioni, nelle quali l’emancipazione portata dal movimento femminista è ancora più marcata.
In quanto forza politica è nostro dovere non soltanto prendere coscienza della nascita di questo divario ideologico ma, soprattutto, comprendere il processo storico rivoluzionario che l’ha creato.
Dal secondo dopoguerra in poi si sta sviluppando, in Europa e negli USA, una rivoluzione nella vita personale e nei rapporti familiari, in perfetta continuità con la rivoluzione politica cominciata con la rivoluzione francese.
L’intero movimento femminista ha avuto come fine quello di raggiungere la Libertà non solo all’interno della cosa pubblica, ma anche nella sua sfera personale, con il diritto all’autodeterminazione del proprio corpo e il raggiungimento della parità all’interno della sfera familiare.
Gender ideological gap: esito dell’emancipazione?
“La parola <<rivoluzionario>> si può applicare solo alle rivoluzioni il cui fine è la libertà” [Condorcet, Sur le sens du mot révolutionnaire]:
Questa (cronologicamente) seconda rivoluzione deve essere considerata tale e non ridotta a un “semplice” susseguirsi di singole battaglie. Infatti, la rivoluzione è quel processo volto al raggiungimento della Libertà, intesa come partecipazione al governo della cosa pubblica. Rivoluzione che, però, non si esaurisce con la prima ondata femminista, culminata con la conquista del diritto di voto, essa infatti continua, sempre con l’obiettivo del raggiungimento della Libertà, collocata però in un altro momento dialettico della vita dell’individuo, continuando cioè dallo Stato alla vita sociale latu sensu della donna, tanto sul piano della famiglia quanto su quello della società civile.
La Libertà non termina, parafrasando Marx, nell’autodeterminazione del cittadino ma continua nell’autodeterminazione dell’homme (o della femme, in questo caso): infatti
“L’emancipazione politica è certamente un passo in avanti, non è bensì la forma ultima dell’emancipazione umana in generale” [La questione ebraica].
La Rivoluzione, volta a rendere le donne sovrane della nazione tramite il diritto di voto (in Italia nel 1946), è portata avanti, dandole il diritto di essere sovrane del proprio corpo e della propria persona. Negli ultimi anni, questa inarrestabile avanzata del movimento femminista sta raggiungendo l’emancipazione nel rimanente momento della vita dell’uomo, ossia la società civile (riprendendo illustri categorie hegeliane), nella sfera economica e lavorativa.
Questo processo storico si autoalimenta in un circolo virtuoso in cui maggiori conquiste portano a una maggiore partecipazione e, di conseguenza, al raggiungimento di altre conquiste.
In quest’ottica si spiega lo spostamento verso sinistra delle elettrici. Andando avanti nel processo rivoluzionario aumentano forza e obbiettivi.
Recentemente, il movimento femminista ha fatto sua la prassi dell’intersezionalità, aumentando ancora di più la sua efficacia alleandosi ad altri movimenti che mirano all’emancipazione personale (per es. la comunità LGBT+) e sociale (l’intero movimento dei lavoratori).
L’accelerazione del processo rivoluzionario, più che in passato, porta a un mutamento radicale degli assetti sociali e politici, generando non solo una maggiore partecipazione, ma anche una maggiore reazione. Proprio nella “reazione” risiede il motivo del progressivo spostamento a destra dell’elettorato maschile che, nelle sue frange più conservatrici, si fa sempre più feroce contro l’emancipazione femminile.
Le forze progressiste, si stanno muovendo verso la fonte stessa delle discriminazione; si sta cominciando a dare l’assalto alla struttura economica stessa cercando di cambiare i rapporti sociali al suo interno. Scalfendo e, in futuro, distruggendo il potere economico e culturale patriarcale, il movimento femminista si appresta al raggiungimento della vittoria totale, che sarà frutto di una lotta sociale senza quartiere, in cui noi, come forza politica, dobbiamo essere in prima linea. Il gender ideological gap è maggiormente presente nelle giovani generazioni e per questo noi, come giovanile di sinistra, abbiamo il dovere di comprendere questo processo storico rivoluzionario e di diventarne la sua avanguardia.
Il gender ideological gap: calco della polarizzazione politica?
Le differenze nella scelta di voto tra ragazze e ragazzi hanno molteplici cause: il divario politico, secondo me, è dovuto ad un errata visione della realtà alimentata da un peggioramento del rapporto tra istituzioni e cittadini. Gli slogan e la propaganda rendono difficile confrontarsi su temi ancora oggi divisivi e visti solo come programma politico di determinati partiti come il femminismo,il salario minimo, e molte altre tematiche sociali
Penso che adesso, molto più di prima, le giovani donne siano consce dei loro diritti, del fatto che una certa cultura, ancora non sradicata, impone loro obblighi che sono retaggi del passato: un comportamento standard e tendente alla subordinazione rispetto alla figura maschile.
Diverso era negli anni ‘50-‘60 quando le donne erano in generale più conservatrici e gli uomini si potevano permettere un pensiero più libero e flessibile .
Perché, dopo sessant’anni anni, la situazione è diametralmente cambiata? Penso che il progressismo femminile sia motivo d’allarme per molti uomini, perché implica un ribaltamento dei ruoli e di generi della società. Ora come ora, dall’uomo, è molto più percepito il “rischio” di una rivoluzione culturale che elimini qualunque retaggio culturale che sia motivo di assenza di comunicazione tra i sessi.
La rivendicazione femminile per una parità si basa sulla liberazione da stereotipi attribuiti sia al genere femminile che a quello maschile. Questo concetto universale e di civiltà è osteggiato e sminuito da una classe dirigente e da una politica reazionaria e bigotta che ha come motto Dio, Patria e Famiglia (ironicamente, espressione di Giuseppe Mazzini)
Il linguaggio politico è diventato distante e, inoltre, la destra e la sinistra operano con mezzi comunicativi diversi. Pensiamo ad esempio semplicemente al blocco navale, tanto sbandierato dalla destra: rafforza in sé un concetto di autoconservazione delle tradizioni, di difesa dagli stranieri, di volontà di non concedere spazio all’interculturalità.
La frase violenta purtroppo colpisce di più un certo tipo di elettorato rispetto ad un messaggio di unione, pace, cooperazione e integrazione. Lo stesso vale quando qualcuno dice che bisogna proteggere il “ruolo” della donna. Quale ruolo? Forse l’unico che, secondo qualcuno, la caratterizza: quello di madre e di moglie.
Come diceva il filosofo Michel de Montaigne
“Le donne non hanno per nulla torto quando rifiutano le regole che guidano il mondo, in quanto sono stati gli uomini a crearle senza di esse. È naturale che non corra buon sangue tra loro e noi”.
La volontà di partecipare in modo pieno alla società da parte delle donne, che rivendicano i propri diritti, purtroppo a rischio, è il frutto di un continuo controllo da parte degli uomini, che è possibile eliminare con l’informazione e con il ricordo che ogni restrizione non porta mai a niente di buono.