di Edoardo Castelnovo
Da vari decenni a questa parte, come tutti noi sappiamo, i democratici in America sono stati bollati come il partito delle minoranze. Nei primi anni duemila l’entusiasmo era palpabile, un paese sempre più etnicamente diversificato e con una percentuale di giovani istruiti sempre più elevata lasciavano presagire un susseguirsi di vittorie relativamente semplici per il partito oggi guidato da Kamala Harris. Diversi analisti titolavano i loro libri con “The emerging democratic majority”, la doppia (e schiacciante) vittoria di Obama sembrava poi aver avvalorato questa teoria.
Nel 2016, poi, l’inimmaginabile: Donald Trump vince la corsa alla Casa Bianca, ribaltando tutti i sondaggi che non lo ritenevano in grado neanche di avvicinarsi alla Clinton e ai democratici. Nel 2020 la storia in un certo senso si ripete, col nostro amico Donald, ricoperto di accuse legali, scandali e critiche riguardanti la gestione del Covid, che questa volta affronta Joe Biden, ex-vice di Obama e politico di lungo corso. I sondaggisti sono sicuri, non c’è partita, i democratici distruggeranno i repubblicani alle elezioni, sia sul piano del consenso popolare che su quello dei grandi elettori. Ancora una volta però le analisi e i sondaggi si riveleranno inaccurati, Biden riesce appena appena a vincere quella manciata di stati chiave per poco meno di un punto percentuale e Trump, nonostante la sconfitta, aumentò il numero di voti in 4 anni, in particolar modo tra le minoranze, riuscendo ad ottenere uno degli elettorati più diversificati della storia repubblicana
E adesso? Il trend purtroppo continua sullo stesso binario, con Trump che ha quasi il 40% dei consensi tra gli elettori latini registrati, quasi il doppio rispetto al 2016. Un esempio banale? La città di Miami, piena di ispanici, dove i repubblicani hanno aumentato del 20% il loro consenso tra il 2016 e il 2020, un fattore che ha permesso al caro Donald di assicurarsi 30 grandi elettori ahimè con relativa facilità. Anche gli afroamericani hanno incrementato l’elettorato repubblicano, con il 13% degli afroamericani registrati che voteranno per Trump, rispetto al 6% del 2016 e al 9% del 2020.
I repubblicani stanno performando bene anche tra gli arabi, con Trump addirittura stimato un punto percentuale in più della Harris, mentre nel 2020 Biden aveva ottenuto una maggioranza del 65%. Per questo specifico gruppo il motivo è presto detto, il massacro di Gaza e del Libano che il governo israeliano sta attuando. È abbastanza comprensibile come molti cittadini americani di origine araba non siano contenti nel vedere l’amministrazione Biden-Harris giustificare determinate azioni fuori da ogni logica morale e trattato internazionale. Trump nei suoi vari interventi si è schierato con decisione a favore di Israele, molto più di Harris, ma l’aria che tira al momento è sufficiente a far perdere alla candidata democratica migliaia di voti tra la comunità araba, che sembra quindi orientata verso i repubblicani, della serie ‘’tanto peggio di così non può andare’’.
Ma se invece consideriamo ispanici e neri? Dov’è il dominio democratico in cui noi tutti speravamo? La risposta, neanche troppo sorprendente, affonda le sue radici nel background sociale delle minoranze americane. Secondo parecchi sondaggi, molti neri e ispanici votavano sì a sinistra, ma per interessi personali, come facilitare la loro integrazione nel mondo del lavoro e più in generale un welfare favorevole. Su parecchie tematiche -però- sono fortemente conservatori, pensiamo alla questione dell’emancipazione femminile, dell’aborto, dei diritti LGBT e molto altro ancora. Nel momento in cui questi immigrati si integrano a pieno della società americana, i motivi per votare democratico vengono sempre più a mancare, lasciando spazio ad una retorica fortemente di destra e filo repubblicana. Per questo vediamo i numeri delle minoranze aumentare sempre più in favore dei repubblicani, perché un immigrato, nel momento in cui si integra ufficialmente nella società, ha una tendenza a votare a destra. Certo, viene da chiedersi come determinata gente possa votare un personaggio che accusa gli haitiani di mangiare cani e gatti e che non perde un secondo nel difendere la sua idea di costruire un muro con filo spinato col Messico, questo rimarrà un mistero.
Quindi alla fine la morale qual è? Sicuramente la gara alla Casa Bianca è apertissima, e proprio le minoranze potrebbero risultare decisive per l’uno o l’altro candidato. Harris ha l’obbligo di tenersi stretta i voti di questi gruppi, si spera poi, come sempre del resto, nel buon senso degli elettori.
[in copertina: E. Johnson, A Ride for Liberty – The Fugitive Slaves, 1862, olio su tela, Brooklin Musuem]