Anat Saragusti (1953) è una giornalista e attivista israeliana. Dal 2020 ricopre il ruolo di responsabile per la libertà di stampa dell’Unione dei Giornalisti di Israele . Ci siamo messi in contatto con lei a seguito dell’entrata in vigore di alcune dure sanzioni emanate dal governo contro la stampa di opposizione, tra cui spicca il quotidiano progressista Haaretz. Ringraziamo vivamente Saragusti per la sua disponibilità a trattare con la nostra Redazione di un tema gravemente sottovalutato dai media italiani.
[L’intervista è stata originariamente svolta in inglese]GD: Questa intervista deve iniziare con una premessa: in Italia (e più in generale in Europa) riceviamo soprattutto notizie sulla guerra ma, purtroppo, scarseggia la copertura informativa sulla politica interna e l’opinione pubblica israeliana. Abbiamo un’immagine sostanzialmente chiara dei fatti del 7 ottobre 2023, della successiva risposta [retaliation] contro Hamas (e dopo contro Hezbollah) ma ci mancano notizie sulla reazione dei cittadini israeliani. Di recente, Nethanyau ha sanzionato finanziariamente gli organi di stampa che offrivano prospettive critiche sull’operato del governo. Secondo lei questa posizione fa parte di una strategia esplicita e quali sono le potenziali conseguenze a lungo termine per il giornalismo in Israele?
AS: Siamo davanti ad un piano ben organizzato che colpisce la libertà di stampa in Israele. Il governo in generale e il primo ministro in particolare vogliono controllare i media, vogliono controllare la narrazione e quindi vogliono indebolire tutte le critiche contro le loro politiche. Il piano si svolge in diverse dimensioni: Una è quella legislativa, in cui si cerca di mettere a tacere e distruggere l’emittente pubblica. Hanno già approvato un ordine esecutivo che ha permesso loro di chiudere gli uffici di Al Jazeera in Israele e a Ramallah. Ora hanno intenzione di espandere la legge. Stanno cercando di ottenere il controllo sul rating dei canali televisivi. Questo influenzerà le entrate dei canali commerciali che si basano sul rating. L’altra dimensione del piano generale è una campagna diffamatoria ben organizzata contro i media e i singoli giornalisti, che sono esposti a incitamenti, discorsi di odio e minacce. Il premier Netanyahu spesso ridicolizza le domande dei giornalisti, è cinico e spesso insinua che siano impegnati nel tradimento.
GD: Spesso, la stampa italiana si è schierata con le politiche israeliane sostenendo che Israele sia “l’unica democrazia in Medio Oriente”. Eppure, il sistema di doppia cittadinanza differenziata, la riforma della giustizia di Netanyahu e i più recenti attacchi alla libertà di stampa rendono questa affermazione fragile. Lei pensa che la democrazia israeliana sopravviverà o che il paese scivolerà verso un autoritarismo simile a quello dell’Ungheria di Orban?
AS: Io credo che la democrazia israeliana sia forte. Molte persone hanno una comprensione profonda dei pericoli impliciti nelle mosse che il governo sta facendo. C’è molto risentimento e si fanno un gran numero di proteste e di ricorsi -tramite strumenti legali- contro le misure del governo. Spero che saremo abbastanza forti da reagire e bloccare le decisioni più pericolose. D’altra parte, se guardiamo agli esempi della Polonia e dell’Ungheria, non è così semplice, alcune decisioni non sono così facili da invertire e annullare, e per alcune ci vogliono anni per recuperare. Ecco perché dobbiamo allarmarci ora.
GD: Data l’attuale situazione della Knesset, qual è lo stato dell’opposizione alle politiche del governo di Netanyahu? Vede un’alternativa politica che possa cambiare drasticamente in meglio le politiche estere e interne?
AS: Questa è una domanda di analisi politica. L’opposizione non è molto forte in questo momento e non è molto coordinata. Ci sono alcuni membri della Knesset appartenenti all’opposizione che sono più attivi e mostrano più forza e sostegno al sentimento dei valori democratici, altri sono ancora impegnati in un gioco personalista [ego game] e non riescono a reagire. Questo è molto frustrante da vedere. Non c’è unità tra i partiti dell’opposizione in termini di definizione di obiettivi comuni che possano essere condivisi da tutti.
GD: Come attivista e giornalista femminista, come vede l’attività svolta da movimenti pacifisti palestinesi e israeliani come Women Wage Peace e Women of the Sun?
AS: Mi auguro che questa direzione prevalga.
[fonte immagine copertina:https://commons.m.wikimedia.org/wiki/File:Anat_Saragusti_2008.jpg]