fbpx

di Gabriele Foi

“La Corte Penale Internazionale ha emesso un mandato d’arresto per il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e per l’ex ministro della Difesa Yoav Gallant per crimini di guerra e per crimini contro l’umanità.” Queste erano le parole riportate da tutti i giornali italiani per settimane, ma cosa è successo davvero? Cosa cambierà? E soprattutto, Netanyahu verrà arrestato? Per rispondere a queste domande è necessario partire dall’inizio. 

La vicenda

Il 20 maggio 2024, il Procuratore capo della Corte Penale Internazionale ha richiesto l’emissione del mandato di arresto per il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, per l’ex ministro della Difesa Yoav Gallant, per il capo militare di Hamas, Mohammed Deif, e per i due leader Ismail Haniyeh e Yahya Sinwar. Questi ultimi due sono stati uccisi il 31 luglio e il 16 ottobre: il primo in un attentato avvenuto a Teheran e attribuito ad Israele (ma mai rivendicato) mentre il secondo durante le operazioni militari dell’esercito israeliano nella Striscia di Gaza. Per quanto riguarda Deif, l’esercito d’Israele ha affermato che sarebbe stato ucciso il 13 luglio, ma Hamas non ha mai confermato il decesso. 

L’accusa principale riguarda il trattamento riservato alla popolazione civile nella Striscia di Gaza, dove le condizioni umanitarie sono peggiorate drasticamente dopo l’8 ottobre 2023. Secondo il Procuratore, Netanyahu e Gallant avrebbero orchestrato una campagna per privare intenzionalmente i civili di risorse essenziali per sopravvivere, come la fornitura di cibo, di acqua e di elettricità. Israele inizialmente ha cercato di interrompere in tutti i modi qualsiasi procedimento della Corte, inclusi i mandati di arresto per il ministro e il premier, presentando una serie di ricorsi alla CPI. Tuttavia la Camera Preliminare della Corte ha respinto tutti i ricorsi ed emesso ufficialmente i mandati di arresto, trovando “ragionevoli motivi” per ritenere che Netanyahu e Gallant abbiano commesso tutti i crimini citati dal Procuratore capo. Questa decisione segna un punto di svolta per la Corte Penale Internazionale, perché spesso quest’anno era al centro del dibattito pubblico la convinzione che per Russia e Israele si avevano usato due pesi e due misure: Putin aveva ricevuto il suo mandato di arresto da parte della CPI mentre Netanyahu no, in quanto capo di quella che è spesso definita “l’unica democrazia in Medio Oriente.

Netanyahu verrà arrestato?

La domanda che ci stiamo facendo tutti è: “Netanyahu e Gallant verranno arrestati?” La risposta è no, per un motivo semplice: Israele ha ritirato la propria firma dallo Statuto di Roma, che è il trattato istitutivo della Corte Penale Internazionale e che obbliga i Paesi firmatari a rispettare i suoi mandati di arresto. Oltre a Israele, anche altri Stati hanno ritirato la propria firma come USA e Russia, mentre altri come la Cina e l’India non l’hanno mai firmata. Questo significa che la CPI non può obbligare lo Stato d’Israele a eseguire l’arresto. Tuttavia, se Netanyahu e Gallant si recassero in un territorio dove lo Statuto di Roma è vincolante, potrebbero essere arrestati, ma nemmeno questo è certo: un esempio è il presidente russo Vladimir Putin, che pur avendo un mandato d’arresto, è stato in Mongolia, uno Stato che ha sia firmato sia ratificato lo Statuto di Roma. E’ importante sapere poi che la CPI non possiede delle proprie forze dell’ordine in grado di esercitare le sue volontà, ma deve affidarsi agli Stati che hanno aderito allo Statuto. Senza l’obbligo legale di cooperare con la Corte, Israele non è tenuto a consegnare Netanyahu e Gallant. Inoltre, la protezione diplomatica di cui godono i funzionari israeliani rende improbabile che possano essere arrestati durante i loro spostamenti internazionali. La situazione rimane quindi in stallo, con la Corte che cerca di esercitare pressione attraverso altri mezzi, come sanzioni e isolamento diplomatico.

La reazione americana

La relazione speciale tra Stati Uniti e Israele, consolidata dal 1967, è basata su un forte sostegno militare e diplomatico. Questo legame si è rafforzato nel tempo, con gli Stati Uniti che hanno spesso difeso Israele nelle sedi internazionali. La recente dichiarazione americana in risposta ai mandati di arresto è un ulteriore esempio di questo supporto incondizionato:
“Gli Stati Uniti respingono la decisione della Corte di emettere mandati di arresto per alti funzionari israeliani – si legge nella dichiarazione – Siamo profondamente preoccupati per la fretta del procuratore e per gli allarmanti errori di procedura che hanno portato a questa decisione.” Questa posizione rafforza l’alleanza tra i due Paesi, ma alimenta anche le tensioni con altri membri della comunità internazionale che vedono nella decisione della Corte un passo necessario verso una vera equa giustizia.

La reazione europea

La decisione della CPI ha diviso la politica europea: da una parte ci sono coloro come la presidente della commissione europea, Ursula von der Leyen, e il ministro della difesa italiano, Guido Crosetto, hanno dichiarato che rispetteranno lo Statuto di Roma, mentre dall’altre parte alcuni politici europei hanno affermato che permetterebbero a Netanyahu di entrare nei loro Stati, ma potrebbe essere solo una mossa politica per mantenere buoni rapporti con Israele e per guadagnare consenso tra l’elettorato pro-Israele.                            L’Unione Europea si trova ora in una posizione delicata, cercando di bilanciare il rispetto del diritto internazionale con la necessità di mantenere relazioni diplomatiche stabili. Alcuni Paesi membri, come l’Ungheria, potrebbero adottare una posizione più favorevole a Israele, influenzati da motivazioni politiche interne e dalla volontà di rafforzare i legami con uno dei principali alleati degli Stati Uniti. Altri, invece, potrebbero insistere sull’applicazione rigorosa dello Statuto di Roma, mettendo in atto misure per arrestare Netanyahu e Gallant se dovessero entrare nel loro territorio. Questa disparità di approcci all’interno dell’UE potrebbe portare a tensioni interne e a una mancanza di coesione nella politica estera dell’Unione.

Che cosa accadrà ora quindi? l’UE cercherà di evitare che Netanyahu si presenti in qualche paese dell’Unione per impedire di spaccarsi in due? E un’altra domanda: è possibile che questo mandato di arresto abbia peggiorato le possibilità di una pace, con gli americani sempre più vicini a Israele che al popolo palestinese, rendendo più difficile un accordo di pace? 

Redazione GD

Redazione GD

La Redazione è lo spazio di approfondimento e confronto pubblico dei Giovani Democratici di Milano Metropolitana!

Leave a Reply

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.