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Quattro miliardi di persone in oltre sessanta paesi sono chiamate alle urne nel corso del 2024. In tutti i continenti nazioni grandi e piccole, prospere e in crisi, libere e autoritarie si recheranno al voto. In uno scenario internazionale turbolento e imprevdebile i GD Milano vi offrono Global Election 2024, la rubrica che copre un intenso anno di elezioni globali. Leggi gli altri numeri qui


di Michelangelo Colombo

Georgia: le elezioni che hanno segnato la storia del paese

La storia di un Paese tra due Mondi

Il 2024 è stato un anno importante per la Georgia, paese a cavallo tra l’Europa e l’Asia, perché è stato rinnovato sia il Parlamento sia il Presidente della Repubblica. E’ un luogo che ha attirato da sempre l’attenzione degli occidentali, fin dai tempi del mito: la Georgia è infatti quella terra che gli elleni chiamavano Colchide, la terra delle Vello d’oro recuperato da Giasone e dagli Argonauti (gli Avengers dell’antichità). La Georgia, a differenza di altri paesi europei come la Spagna e l’Italia, esisteva già nel Medioevo come regno, dotato di una propria cultura e lingua. E’ entrato poi a far parte dell’Impero russo nel XIX secolo, iniziando quel rapporto complesso che dura tutt’oggi. Ha riacquistato la piena indipendenza soltanto nel settembre del 1991, quando è stata riconosciuta dall’Unione Sovietica, dopo le prime elezioni democratiche il 28 ottobre 1990 ed aver assunto il nome di Repubblica di Georgia il 15 novembre 1991, dopo aver dichiarato l’indipendenza il 9 aprile.  Lo Stato georgiano non ha conosciuto però la stabilità politica negli anni a venire: da una parte le continue modifiche alla forma di governo del paese mentre dall’altra parte l’invasione della Russia nel 2008 che ha portato alla perdita delle regioni dell’Abkhazia e dell’Ossezia del Sud.

Nel 2012 il partito Sogno Goergiano ha vinto per la prima volta le elezioni parlamentari, avviando una nuova politica estera: da una proseguendo il processo di adesione all’Unione Europea e alla NATO, mentre dall’altra parte cercando relazioni più concilianti con la Russia. Nonostante lo scoppio del conflitto russo-ucraiano, il governo georgiano ha proseguito con la propria politica: da una parte ha criticare le azioni russe e a fornito aiuti umanitari all’Ucraina, ma dall’altra parte non ha aderito alle sanzioni verso la Russia. Il governo di Mosca ha accettato questa linea, decidendo di non inserire la Georgia nella lista dei paesi ostili e rifiutando la proposta dell’Ossezia del Sud di tenere un referendum per aderire alla Russia. Durante l’invasione russa dell’Ucraina si è sviluppato un movimento popolare che ha chiesto al governo di sganciarsi dalla Russia e di chiedere di aderire all’Unione Europea. In un primo momento, le istituzioni europee rifiutarono la domanda di adesione, per via del rifiuto del governo georgiano di aderire alle sanzioni internazionali nei confronti della Russia, salvo poi concedere nel dicembre del 2023 lo status di “paese candidato” alla Georgia. Nel paese è nato uno scontro istituzionale tra la Presidente, il Governo e l’opposizione in Parlamento: la presidente, Salome Zourabichvili infatti si è schierata al fianco dei partiti di opposizione, sostenendo il processo di adesione all’Unione Europea, mentre dall’altra parte il Governo considerava le affermazioni del Presidente come una violazione del proprio ruolo di figura imparziale, stabilito con la riforma del 2019 (Zourabichvili è stata eletta nel 2018). Il governo georgiano ha poi fatto approvare una legge non molto diversa dalla legge russa degli agenti stranieri, che sollevato le critiche dell’Unione Europea e dei paesi occidentali. Sono iniziate una serie di accuse da ambo le parti di interferire negli affari interni della Georgia.

Il 24 maggio 2024 la Presidente georgiana ha presentato la Carta Georgiana, un piano per unire tutti i partiti all’opposizione prima delle elezioni parlamentari. Alla sua iniziativa hanno aderito 17 partiti. Il 20 ottobre 2024 migliaia di georgiani si sono radunati nella capitale, Tbilisi, per una manifestazione pro-Europa, a pochi giorni dalle elezioni, portando bandiere georgiane ed europee, tenendo striscioni con scritto “La Georgia sceglie l’Unione Europea”.

Il voto

Per eleggere il Parlamento monocamerale della Georgia è stato utilizzato un sistema elettorale proporzionale con una soglia di sbarramento al 5%. Sono state ufficialmente vinte dal partito di governo Sogno Georgiano, che ha conquistato la maggioranza assoluta per la quarta volta consecutiva (89 seggi su 150). Sogno Georgiano ha infatti ricevuto il 53% dei voti mentre le quattro coalizioni che avevano aderito alla Carta Georgiana hanno ottenuto il 37,79% dei voti. Il partito di governo ha ottenuto la maggior parte dei propri voti nelle campagne mentre l’opposizione nelle grandi città. Tra le principali proposte di Sogno Georgiano c’erano quelle di portare avanti una politica estera conciliante con la Russia, la difesa della legge contro la “propaganda LGBTQ+” e un rafforzamento del ruolo della Chiesa ortodossa georgiana nella Costituzione.

Le quattro principali coalizione di opposizione insieme alla presidente Salome Zourabichvili hanno affermato che le elezioni sono state rovinate da segnalazioni di acquisto di voti e brogli elettorali, nonché da intimidazioni e pressioni sugli elettori. In un’intervista alla BBC, il primo ministro Irakli Kobakhidze ha osservato che “le irregolarità accadono ovunque”, e che sono insignificanti perché le elezioni si sono svolte grosso modo in modo regolare, sostenendo che l’opposizione stia mentendo come fatto in passato per le precedenti elezioni. La Presidente si è rifiutata di riconoscere gli esiti ufficiali, dichiarati dalla Commissione elettorale della Georgia, sostenendo che il paese sia stato vittima di “un’operazione speciale russa” e ha incoraggiato la gente a organizzare proteste di massa a partire dal 28 ottobre. La Presidente del Parlamento, Shalva Papuashvili ha accusato Zourabichvili di aver creato un “un colpo di stato”.

Le elezioni presidenziali per il rinnovo della carica del Presidente della Repubblica si sono svolte il 24 dicembre e sono state le prime senza elezione diretta. Infatti a seguito della riforma costituzionale di qualche anno prima, la Georgia è diventata a tutti gli effetti una repubblica parlamentare, con il capo di stato che svolge un ruolo soltanto cerimoniale, mentre la maggior parte dei suoi poteri sono stati trasferiti al Governo e alla figura del Presidente del Parlamento. Il Presidente della Repubblica è stato eletto per la prima volta da un collegio di 300 membri, tra cui tutti i 150 parlamentari, tutti i 20 rappresentanti del Consiglio supremo della Repubblica autonoma dell’Abkhazia, tutti i 21 membri del Consiglio supremo della repubblica autonoma dell’Adjara e 109 elettori che rappresentano gli organi di autogoverno, assegnati ai partiti in proporzione al loro sostegno ricevuto nelle elezioni locali.

Per presentare una candidatura è necessario il sostegno di 30 dei membri del Collegio elettorale. Ogni elettore ha diritto a nominare e a votare un solo candidato. Per eleggere il nuovo Presidente della Repubblica sono necessari 200 elettori. Tuttavia, nel caso nessuno riuscisse ad ottenere 200 voti, si terrebbe un secondo turno tra i 2 candidati con il maggior numero di voti e verrebbe proclamato vincitore il candidato che otterrebbe il candidato con più voti. Il mandato presidenziale dura cinque anni e una persona può essere rieletta soltanto una volta; inoltre è aumentata l’età per ricoprire l’incarico, passando da 35 a 40 anni. Una cittadino o un cittadino georgiano per essere candidato alla presidenza deve aver vissuto in Georgia per almeno 15 anni.

I partiti dell’opposizione, già in aperto scontro con il partito di governo per il risultato delle elezioni parlamentari georgiane, hanno boicottato le elezioni, non partecipando con nessun proprio rappresentante locale. A seguito del rifiuto di nominare i suoi 55 rappresentanti locali, questi seggi sono andati a Sogno Georgiano, che ha aumentato la propria rappresentanza a 211 seggi. E’ stato quindi dichiarato vincitore il 14 dicembre l’unico candidato presentato, Mikheil Kavelashvili, ex calciatore e co-fondatore del partito anti-occidentale Potere del Popolo, sostenuto da Sogno Georgiano. La Presidente in carica si è rifiutata di lasciare l’incarico e ha chiesto la convocazione di nuove elezioni parlamentari. Il primo ministro georgiano ha sostenuto che Zourabichvili dovrà lasciare il proprio incarico il 29 dicembre, altrimenti le sue azioni potrebbero violare il codice penale. Il 27 dicembre Zourabichvili ha nuovamente sostenuto che le elezioni presidenziali erano invalide e che sarebbe rimasta Presidente. Due giorni dopo ha lasciato volontariamente il palazzo presidenziale la mattina dell’insediamento di Kavlashvili, affermando ancora di essere la legittima Presidente.


Romania: una battaglia tra la democrazia e la giustizia

Il 2024 è stato un anno importante per la Romania, perché avrebbe dovuto rinnovare sia il Presidente della Repubblica sia il proprio Parlamento. Non tutto però è andato come previsto: il secondo turno delle elezioni presidenziali avrebbe dovuto svolgersi l’8 dicembre, ma una decisione della Corte costituzionale rumena, due giorni prima, ha annullato i risultati del primo turno, sostenendo che un’operazione di influenza russa aveva avuto un impatto sul voto. Vediamo nel dettaglio come si è svolta la vicenda.

Il quadro politico

La Romania è una repubblica semipresidenziale, quindi il Presidente della Repubblica non ha soltanto un ruolo cerimoniale, ma anzi svolge un ruolo importante all’interno del sistema politico del paese, soprattutto nell’ambito delle relazioni internazionali e della difesa. Il suo mandato dura cinque anni e una persona può essere rieletta soltanto una volta. Il Parlamento della Romania è bicamerale, composto dalla Camera dei Deputati e dal Senato, entrambe elette direttamente ogni 4 anni dal popolo rumeno e danno (e tolgono) la fiducia al governo rumueno in seduta comune. Il primo ministro della Romania è nominato dal Presidente, che affida l’incarico al leader del partito che detiene la maggioranza assoluta. Nel caso in cui nessuna forza politica abbia la maggioranza, il Presidente è più libero nella scelta. Il primo ministro incaricato deve poi presentarsi con una proposta di gabinetto e un programma di governo al Parlamento, per avere il suo sostegno.

In un primo momento si pensava che le elezioni presidenziali si sarebbero svolte prima di quelle parlamentari perché il Presidente in carica, Klaus Iohannis, era uno dei potenziali candidati alla carica di Segretario Generale della NATO prima che venisse scelto l’ex primo ministro olandese Mark Rutte. Il governo ha quindi stabilito che le elezioni presidenziali si sarebbero svolte il 24 novembre (il primo turno) e l’8 dicembre (il secondo turno) con in mezzo (l’1 dicembre) le elezioni parlamentari. Visto che il presidente Iohannis non poteva essere ricandidato per un nuovo mandato (essendo già stato eletto nel 2014 e nel 2019), il Partito Nazionale Liberale, principale forza politica di centrodestra in Romania, ha scelto di candidare il proprio leader,  Nicolae Ciucă. Egli ha ricoperto dal novembre del 2021 al giugno del 2023 l’incarico di Primo ministro, per poi dimettersi e diventare il nuovo Presidente del Senato, a seguito di un accordo stretto con Partito Socialdemocratico, la principale forza politica di centrosinistra, con cui ha formato la Coalizione Nazionale per la Romania, per uscire dalla crisi politica nel 2021, visto che nessuna forza politica aveva la maggioranza in Parlamento.  I socialdemocratici hanno scelto di candidare Marcel Ciolacu, che è diventato il nuovo Primo ministro dal 2023 e che prima ricopriva l’incarico di Presidente della Camera dei Deputati. Gli altri due principali candidati erano Călin Georgescu e Elena Lasconi: il primo, ex membro dell’Alleanza per l’Unione dei Rumeni (AUR), partito populista e nazionalista, si è candidato come indipendente, mentre la seconda è la presidente dell’Unione Salva Romania (USR), partito politico liberale di centro e terza forza politica nel paese.

Il sistema di voto

Sia i 331 membri della Camera dei Deputati che i 136 membri del Senato sono eletti in 43 circoscrizioni plurinominali basate sulle 41 contee della Romania, sul Comune di Bucarest e sulla diaspora rumena utilizzando la rappresentanza proporzionale di lista. Per ciascuna circoscrizione deve essere assegnato un deputato ogni 73.000 persone e un senatore ogni 168.000 persone in base ai dati sulla popolazione raccolti il ​​1° gennaio dell’anno precedente dall’Istituto nazionale di statistica (INS). Le circoscrizioni non possono avere meno di 4 deputati e 2 senatori.

I partiti devono superare una soglia del 5% del voto nazionale o almeno del 20% dei voti in quattro circoscrizioni. Le alleanze elettorali devono superare una soglia più alta, vale a dire l’8% per quelle con due partiti membri, il 9% per tre e il 10% per quattro o più.Ulteriori seggi (attualmente 18) possono essere aggiunti alla Camera dei deputati per i gruppi di minoranze etniche che competono alle elezioni e superano una soglia più bassa. Il Presidente della Repubblica viene invece eletto con un sistema maggioritario a doppio turno.  I candidati che ottengono una maggioranza del 50%+1 di tutti gli elettori registrati al primo turno vengono dichiarati vincitori. Se nessuno dei candidati raggiunge questo risultato, si tiene un ballottaggio tra i due contendenti con i punteggi più alti al primo turno. Il candidato che ottiene la maggioranza dei voti al ballottaggio viene dichiarato vincitore. Per potersi candidare alla carica di Presidente, un candidato deve soddisfare le seguenti condizioni: essere cittadino rumeno, avere almeno 35 anni (almeno il giorno delle elezioni) e non aver ricoperto la carica per due mandati dal 1992 , anno in cui è entrata in vigore la Costituzione della Romania attuale.

La campagna e il voto

Georgescu, inizialmente considerato un candidato minore con poche possibilità di vittoria, ha ottenuto al primo turno la maggioranza relativa di voti, diventando in poco tempo la figura politica più popolare del paese, trovandosi come sfidante Elena Lasconi, la candidata liberale, arrivata seconda e quindi qualificandosi per il secondo turno. Georgescu ha aumentato la propria popolarità durante la campagna utilizzando canali mediatici non tradizionali come Tik Tok, raccogliendo il sostegno di coloro che sono delusi dalla politica rumena come i giovani, gli agricoltori e gli operai. I principali punti del suo programma erano: la lotta alla corruzione, criticando la Coalizione nazionale per la Romania, definendola appunto corrotta; la lotta contro i diritti della comunità LGTQ+, preferendo invece favorire l’aumento del ruolo del cristianesimo nella vita pubblica; la nazionalizzazione di alcune industrie importanti, il recupero della propria sovranità anazionale e il non-interventismo nei confronti della guerra russo-ucraina, senza uscire però né dalla NATO né dall’Unione Europea. Dopo la sua vittoria al primo turno ha ricevuto il sostegno della maggior parte dei partiti cristiani e nazionalisti. Lasconi ha sostenuto invece un rafforzamento del secolarismo (la separazione tra Stato e Chiesa in una democrazia sana), un’ulteriore integrazione europea e l’aumento dei finanziamenti militari all’Ucraina. Ella ha ricevuto il sostegno della maggior parte dei partiti pro-UE. Dopo le elezioni parlamentari, visto che nessuna forza politica aveva ottenuto la maggioranza assoluta, i leader del Partito Socialdemocratico, del Partito Nazionale Liberale, dell’Unione Salva la Romania, dell’Alleanza Democratica degli Ungheresi in Romania (UDMR) e i rappresentanti delle minoranze nazionali hanno dichiarato di aver concordato sulla necessità di formare una coalizione pro-UE tra loro e di essere impegnati a rispettare i valori europei ed euro-atlantici della Romania. Hanno scelto di stringere questo accordo soprattutto nel caso in cui il candidato filo-russo alla presidenza, Georgescu, fosse stato eletto nuovo Presidente.

Le conseguenze del primo voto presidenziale stavano portando la Romania sull’orlo di una crisi politica. Il presidente Iohannis, che presiede il Consiglio supremo di difesa del paese, ha accusato la campagna di Georgescu di essere sostenuta dalla Russia . In seguito alle accuse di brogli elettorali avanzate dagli altri candidati sconfitti, la Corte costituzionale della Romania ha ordinato un riconteggio, confermando poi i risultati del primo turno il 2 dicembre. Quattro giorni dopo, la Corte costituzionale ha annullato la propria decisione e ha anche annullato il primo turno delle elezioni presidenziali, dopo che i documenti dei servizi segreti sono stati declassificati, mostrando come la Russia avesse condotto una campagna online coordinata per promuovere Georgescu.

L’annullamento è stato condannato sia da Georgescu che da Lasconi, con il primo che ha descritto il verdetto della corte come un colpo di stato, mentre la seconda lo ha definito “illegale e immorale”, e che avrebbe minato le basi della democrazia rumena. Il candidato socialdemocratico, Marcel Ciolacu, arrivato terzo, ha definito invece  l’annullamento “l’unica decisione corretta”.

Il presidente Iohannis ha anche affermato che la decisione della corte è legittima e deve essere rispettata, aggiungendo che sarebbe rimasto in carica fino all’insediamento di un successore. Dopo una serie di incontri, è stato raggiunto un accordo di coalizione tra PSD, PNL e UDMR con Marcel Ciolacu confermato come Primo Ministro, entrando ufficialmente in carica il 23 dicembre. Il nuovo governo dovrà stabilire una nuova data per le elezioni presidenziali che si terranno nel 2025.

Redazione GD

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