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di Michelangelo Colombo

Lo scorso 5 gennaio il governo francese presieduto dal primo ministro Bayrou è sopravvissuto alla seconda mozione di sfiducia presentata dal gruppo parlamentare di La France Insoumise e sostenuta dagli ecologisti e dai comunisti. Pur non avendo la maggioranza assoluta all’Assemblea Nazionale, il  governo è riuscito a rimanere in carica grazie ai socialisti e ai nazionalisti del partito Rassemblement National, che hanno deciso di non sostenere la mozione. I partiti di sinistra avevano presentato la mozione dopo che Bayrou si era appellato all’articolo 49 della Costituzione, il cui comma 3 permette al primo ministro di superare il voto parlamentare su un progetto di legge finanziaria o di finanziamento alla previdenza sociale. Tale progetto si considera adottato, a meno che non venga presentata una mozione di sfiducia entro le ventiquattro ore successive. Il voto favorevole alla mozione avrebbe comportato le dimissioni di Bayrou, proprio come accaduto qualche mese prima al suo predecessore, Michel Barnier. Bayrou, quando era stato nominato a capo del governo dal presidente Emmanuel Macron, aveva promesso che non avrebbe ricorso all’articolo 49.3 preferendo la via del dialogo con le diverse forze politiche. Di fronte però al rischio di non avere ancora una legge di bilancio per il nuovo anno, il primo ministro ha preferito “correre ai ripari” utilizzando quel potere costituzionale. La Francia avrebbe dovuto approvare la propria “manovra” finanziaria per il nuovo anno alla fine del 2024, ma quella proposta dal governo Barnier era stata rigettata con una mozione di sfiducia votata sia dai partiti di sinistra sia dai partiti di estrema destra. I socialisti e i nazionalisti, pur non condividendo le scelte fatte dal governo Bayrou, hanno scelto di non votare la mozione di LFI, in modo che così la Francia potesse avere una propria legge di bilancio per il 2025.


Questa situazione politica complicata è frutto della scelta del Presidente della Repubblica Emmanuel Macron di sciogliere a sorpresa l’Assemblea Nazionale, la camera bassa del Parlamento francese, convocando elezioni legislative anticipate, qualche giorno dopo le elezioni europee (tenutesi il 9 giugno), a seguito proprio del risultato al di sotto delle aspettative della propria coalizione Ensemble. Le nuove elezioni hanno prodotto un’Assemblea Nazionale divisa in quattro blocchi: benché la coalizione di sinistra, il Nouveau Front Populaire, abbia ricevuto il maggior numero di voti e seggi, non ha ottenuto però la maggioranza assoluta, quindi la possibilità di formare un governo monocolore. E’ seguita una situazione di stallo politico per via del rifiuto di Macron di affidare l’incarico di primo ministro a Lucie Castets, proposta dal NFP, preferendo Michel Barnier,  membro dei Républicains, che ha formato un governo proprio con la coalizione presidenziale ed il suo partito.

Vista la polarizzazione del sistema politico francese e il caso raro di assenza di una maggioranza assoluta, mai successo durante la Quinta Repubblica (in vigore dal 1958), Macron avrebbe potuto magari prendere spunto dall’esperienza italiana formando un cosiddetto “governo balneare”, ovvero un governo che sarebbe rimasto in carica per tutta l’estate, curando le Olimpiadi e avrebbe assicurato la stabilità politica della Francia agli occhi dei propri alleati a livello internazionale ed europeo. Questo avrebbe permesso alle diverse forze politiche, senza la pressione dell’opinione pubblica e dei media, di dialogare per formare un governo più stabile, che avrebbe poi preso il posto di quello “balneare”. Non si ha la certezza per quanto potrà rimanere in carica l’attuale Governo.

E’ certo che per uscire da questo impasse bisognerebbe tornare nuovamente ad elezioni anticipate e ciò prima dell’agosto 2025 non si può fare perché la Costituzione lo impedisce. Vista la polarizzazione del sistema politico non è detto però che verrebbe prodotta una nuova maggioranza assoluta e difficilmente sarebbe dello stesso colore del presidente Macron, quindi si tratterebbe di una coabitazione (l’ultima è stata dal 1997 al 2002 con Chirac e Lionel Jospin). Si potrebbe risolvere ciò con nuove elezioni presidenziali, ma Macron ha escluso questa possibilità, affermando di voler rimanere in carica fino alla fine del suo mandato, nel 2027.

Redazione GD

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