di Michelangelo Colombo
Mario Draghi, per gli amici Super Mario, è tornato in campo con una nuova sfida. Nonostante i suoi 76 anni (è più anziano della Repubblica Italiana), Draghi ha accettato la proposta fattagli dalla presidente della Commissione europea Ursula Von der Leyen, di curare un rapporto sulle prossime sfide competitive nel Vecchio Continente, costretto oggi a difendersi in molti fronti: dal lavoro all’inflazione, dalla crisi energetica all’emergenza-immigrazione. Una situazione molto difficile che ricorda per certi versi il 2014, quando Draghi, allora presidente della BCE, nel suo discorso più iconico aveva pronunciato il famoso “Whatever it takes”, affermando che avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di salvare l’Euro.
Ursula Von der Leyen nel suo discorso sullo Stato dell’Unione al Parlamento europeo a Strasburgo aveva dichiarato che: “queste tre sfide – lavoro, inflazione e contesto imprenditoriale – arrivano in un momento in cui chiediamo anche all’industria di guidare la transizione pulita. Dobbiamo quindi guardare più avanti e definire come rimanere competitivi mentre lo facciamo. Per questo motivo ho chiesto a Mario Draghi – una delle più grandi menti economiche europee – di preparare un rapporto sull’argomento il futuro della competitività europea”. La presidente della Commissione europea ha infatti dichiarato che ha deciso di nominare “l’italiano così poco italiano” – com’è stato definito dalla stampa – dopo aver letto la sua intervista all’Economist, pubblicata il 6 settembre 2023.
L’intervista è iniziata con una domanda: può un’unione monetaria sopravvivere senza un’unione fiscale? Draghi ha esordito affermando che la zona euro è sopravvissuta alla crisi del 2010-2012 solo grazie a soluzioni provvisorie, e oggi non è più in grado di rispondere a questa domanda. Nonostante ci troviamo ora in una situazione difficile, le prospettive di un’unione fiscale nella zona euro stanno migliorando. L’unione fiscale viene percepita come trasferimenti di denaro dalle regioni prospere a quelle che attraversano una crisi economica e in Europa non è ben vista da una parte dell’opinione pubblica dei paesi più forti economicamente che sostengono i paesi più deboli.
Secondo l’ex presidente della BCE questa politica di “stabilizzazione” sta diventando meno rilevante per due motivazioni principali: la prima è che dal 2012 la Banca Centrale Europea ha sviluppato strumenti politici per contenere le divergenze ingiustificate tra i costi di finanziamento dei paesi più forti e quelli più deboli; la seconda è che l’Europa non si trova più ad affrontare crisi causate principalmente da politiche inadeguate in determinati paesi membri. Deve invece affrontare shock comuni e importati come la pandemia, la crisi energetica e la guerra in Ucraina. Questi eventi sono troppi grandi perché i paesi possano agire autonomamente, ma di conseguenza c’è meno opposizione ad affrontarli attraverso un’azione fiscale comune.
L’Unione Europea ha istituito un fondo da 750 miliardi di euro per aiutare gli Stati membri ad affrontare le transizioni verde e digitale. Draghi fa notare che una condizione politica necessaria affinché l’unione fiscale dell’Ue si sviluppi verso una maggiore integrazione è che i paesi che riceveranno quei fondi li utilizzano con successo. L’Europa deve ora affrontare una serie di sfide sovranazionali che richiederanno ingenti investimenti in un breve lasso di tempo, compresa la difesa, la transizione verde e la digitalizzazione. Tuttavia l’Europa ora non ha né una strategia per finanziarli né le politiche nazionali possono prendere il suo posto, poiché le norme europee in materia fiscale e sugli aiuti di Stato limitano la capacità dei paesi di agire in modo indipendente. Negli Stati Uniti invece l’amministrazione Biden sta allineando la spesa federale, i cambiamenti normativi e gli incentivi fiscali al perseguimento degli obiettivi nazionali.
Draghi ha concluso l’intervista affermando che: “senza azioni, c’è il serio rischio che l’Europa non raggiunga i suoi obiettivi climatici, non riesca a fornire la sicurezza richiesta dai suoi cittadini e perda la sua base industriale a favore di regioni che si impongono meno vincoli. Per questo motivo, ritornare passivamente alle vecchie regole fiscali – sospese durante la pandemia – sarebbe il peggior risultato possibile”.
Super Mario quindi non avrà un ruolo operativo come molti si aspettavano, come prossimo Presidente del Consiglio Europeo o Segretario generale della NATO, ma non questo non è importante, soprattutto in questo momento difficile. Che possa essere il primo passo prima di prendere il comando di qualche istituzione europea non ci è dato saperlo, poco importa.
Quello che conta è che grazie a Draghi l’Unione Europea riuscirà a trovare una soluzione, rilanciando l’integrazione europea.