Da decenni si discute di riformare la Costituzione per risolvere il problema dell’instabilità dei governi e della lentezza per l’approvazione delle leggi. Alcune forze politiche propongo di cambiare il sistema di governo, altre di riformarlo e altre ancora di non cambiare la Costituzione. Qual è quindi la soluzione migliore? Vediamolo. Leggi gli altri articoli di RiCostituzione qui
di Gabriele Foi
Tra le recenti proposte di riforma costituzionale, avrai sicuramente sentito parlare dell’iniziativa dell’ex Presidente del Consiglio dei Ministri (nonché ex segretario del PD [*cries*]), Matteo Renzi , che mira a introdurre l’elezione diretta del capo del governo, chiamato dal senatore fiorentino “Sindaco d’Italia”, perché ispirato alla figura dei sindaci dei comuni. L’obiettivo di questa proposta è conferire maggiore stabilità ai governi italiani, che raramente durano più di un anno e mezzo, e soprattutto nessuno è mai arrivato a fine legislatura. La proposta di Renzi, nonostante non sia priva di incertezze, merita di essere analizzata nel dettaglio.
Perché Renzi presenta questa riforma in questo momento?
Renzi ritiene che la democrazia vive ad oggi una stagione di profonda difficoltà in tutto il mondo: i regimi autoritari crescono e non avvertono la necessità di confrontarsi con il voto dei cittadini, mentre nei Paesi in cui il dialogo democratico resiste si vive un sentimento diffuso di lontananza e talvolta di impotenza. Con l’esplosione di nuove forme di comunicazione digitale, appare decisivo permettere ai cittadini di incidere con il proprio voto sulla vita politica in modo diretto e non mediato. La democrazia rappresentativa ha svolto un ruolo decisivo nei primi decenni del Secondo Dopoguerra in Italia, ma ora è necessario valorizzare ancora di più il ruolo del cittadino, rendendolo arbitro. Troppe volte l’Italia è rimasta bloccata dai litigi quotidiani dei partiti e dall’instabilità dei governi.
Secondo Renzi le sfide nazionali, europee e globali, del presente e del futuro, pongono il Paese di fronte a una scelta: Cambiare, consentendo ai cittadini di scegliere da chi essere governati, senza risentire dei continui e repentini cambi di indirizzo della politica italiana, che spesso hanno poco o nulla a che vedere con gli interessi del Paese, e assicurando risposte concrete; oppure rimanere così e finire travolti dalle emergenze che ci attendono.
Per questo propone di cambiare di razionalizzare la forma di governo parlamentare, mettendola al riparo dalle troppe distorsioni che sono andate accumulandosi nel corso della vita repubblicana. Troppo spesso gli elettori hanno visto i propri rappresentanti allearsi con forze politiche radicalmente differenti. La distanza tra gli impegni pre elettorali di non fare accordi con nessuno e la realtà del giorno dopo è diventata insopportabile e rischia di minare non solo la credibilità delle istituzioni ma soprattutto la fiducia delle persone verso la politica. La litigiosità delle forze politiche si è tradotta nel rapido susseguirsi di governi con le maggioranze più disparate, spesso costantemente in bilico tra lo scioglimento anticipato delle Camere e l’apertura di una crisi di governo.
Il senatore fiorentino sostiene che l’unico modello istituzionale che possa, al contempo, garantire ai cittadini di determinare la politica nazionele e consentire al Paese di essere governato per cinque anni senza risentire dei continui cambi di umore delle forze politiche è il modello dei Sindaci: “i sindaci possono governare, i sindaci devono farlo”. Per questo propone l’elezione diretta del Presidente del Consiglio dei Ministri, che fa parte di una riforma che dovrà essere completata da una nuova legge elettorale, necessariamente maggioritaria, che assicuri la stabilità di Governo, ma che ragioni di natura istituzionale escludono di elevare (a differenza della maggioranza di destra) a rango costituzionale.
Cosa prevede quindi questa proposta di riforma costituzionale?
Il disegno di legge di Matteo Renzi è composto da quattro articoli.
Il primo articolo modifica l’articolo 88, che riguarda l’istituto dello scioglimento anticipato, che lega all’elezione diretta del Presidente del Consiglio dei Ministri. Esso prevede che in caso di dimissioni, morte o impedimento permanente del Presidente del Consiglio dei ministri il Presidente della Repubblica scioglie le Camere. Si tratta di una modifica necessaria per assicurare il principio del simul stabunt cadent presente da decenni per le regioni e per i comuni, volto a garantire la stabilità attraverso la previsione della medesima sorte per il Governo e per il Parlamento.
L’introduzione di questo principio comporta il venire il venire meno della ragion d’essere del cd. semestre bianco, della possibilità di scioglimento anticipato anche solo di uno dei due rami del Parlamento e del coinvolgimento dei presidenti delle Camere nel procedimento di scioglimento anticipato guidato dal Presidente della Repubblica, che dunque vengono soppressi.
Il secondo articolo riguarda invece la nomina del Presidente del Consiglio dei Ministri, che con la riforma verrebbe eletto a suffragio universale insieme alla Camere. Inoltre il capo del governo acquisisce il potere di nominare e revocare i ministri, senza passare per il consenso del Presidente della Repubblica. Questa è un’ulteriore modifica dei poteri presidenziali, che riduce quindi il ruolo del capo dello Stato.
Il terzo articolo riguarda il rapporto di fiducia tra l’organo esecutivo e quello legislativo. L’articolo 94 è oggetto di diverse modifiche per rafforzare il rapporto di fiducia tra il Governo e le Camere. Le nuove disposizioni richiedono che il governo presenti le linee programmatiche entro dieci giorni dal giuramento. La possibilità di concedere o ritirare la fiducia viene ridefinita, consentendo al governo di chiedere una nuova deliberazione in caso di voto contrario sulla questione di fiducia. L’approvazione delle Camere comporta ora le dimissioni del Presidente del Consiglio dei ministri e quindi lo scioglimento del Parlamento.
Il quarto articolo va a modificare l’articolo 95, per sottolineare il ruolo centrale del Presidente del Consiglio dei Ministri come organo di vertice del governo. Egli dirige la politica del governo, ne è responsabile e mantiene l’unità politica ed amministrativa, coordinando l’attività dei ministri. Questa modifica mira a chiarire e rafforzare le responsabilità del capo del governo.
Considerazioni sulla proposta di Renzi
In sintesi la riforma costituzionale rappresenta un importante cambiamento del sistema politico italiano: l’Italia passerebbe dall’essere una repubblica parlamentare a diventare una repubblica semi-parlamentare, proprio come lo sono già le regioni e i comuni. Il capo del governo non sarebbe più un primus inter pares, ma diventerebbe un primus super pares, come il Cancelliere tedesco o il Presidente del governo spagnolo (che però non sono eletti direttamente). La proposta di Renzi però dipende necessariamente da una riforma della legge elettorale e il modello più adatto sarebbe il sistema maggioritario uninominale a doppio turno, che favorisce i partiti grandi come PD, Fratelli d’Italia e Movimento Cinque Stelle, mentre indebolisce partiti più piccoli come Lega, Forza Italia, Azione e la stessa Italia Viva di Renzi; motivo per cui difficilmente sarà approvata.