fbpx

di Samuele Franciolini e Giovanni Soda

Con questo articolo a sorpresa la redazione dei GD Milano vi augura buon Natale raccontandovi la storia di un’opera d’arte, in ogni senso possibile del termine.


La fine dell’anno dell’anno non è solo il tempo di approvare la legge di bilancio, comprare i regali, mangiare panettoni e far finire il paese in esercizio provvisorio, ma soprattutto un’occasione per ripensare al periodo appena passato analizzarlo a mente fredda e fare propositi (da ignorare appositamente) per il futuro.

Quest’anno, complice anche il quarantennale dell’evento che andremo a raccontare, porteremo lo sguardo piuttosto indietro, a un anno fatto di neve, di eleganza di lustrini, di campari ma anche di scale mobili rotte, e di primi governi socialisti. Tuttavia il primo governo di un socialista nella storia nel nostro paese non è stato l’unico inedito di quel lontano 1983. Esso ha infatti visto la nascita di un genere cinematografico che, progressivamente, si è imposto come emblema della stagione festiva: il cinepanettone. Questo topos della settima arte è stato tutto preceduto da Sapore di Mare, sempre dei fratelli Vanzina, uscito in sala nell’estate dello stesso anno sull’onda del cui successo si decide di girare Vacanze di Natale ‘83. Sarà quest’ultima pellicola, che registra incassi notevoli al botteghino, a regolare definitivamente le caratteristiche del genere e a designare gli stessi Vanzina come suoi profeti. Ebbene quello che gli autori di questo articolo vogliono sostenere, è che i due eventi in questione: l’insediamento del primo governo Craxi e l’uscita di Vacanze di Natale, non siano affatto privi di correlazione e che anzi si inseriscano perfettamente nel cambiamento che il Bel Paese stava attraversando in quegli anni. Dall’engegement e dal terrorismo che avevano caratterizzato il decennio precedente, non a caso definito “anni di piombo”, si passa ad una leggerezza, una spensieratezza, una “locura” direbbero gli sceneggiatori di Boris, che ci accompagnerà fino al 1989. 

La pellicola dei Vanzina, che da origine alla fortunata serie, segue le avventure di una variegata compagnia di amici a Cortina durante la settimana di Natale. Sullo schermo si susseguono tutte le maschere caratteristiche di quel periodo, in un modo che echeggia la commedia dell’arte settecentesca. Abbiamo infatti la ricca famiglia Covelli, palazzinari romani, con gli snobbissimi genitori e i tre figli; la famiglia Marchetti, sempre romani ma coatti arricchiti. Risalendo per la penisola incontriamo: l’amico toscano dei figli Covelli, una coppia di coniugi bolognesi, Cesarina e Grazia Tassoni e una di milanesi, Donatone e Ivana Braghetti. Infine il vero protagonista del film e perno a cui ruotano tutte le trame è Billo, cantante di piano bar e vero e proprio maestro delle cerimonie del jet set cortinese, interpretato da Jerry Calà. Le due storie principali che il film racconta sono, come poi diventerà tradizione per il genere, storie di corna. Corna presunte, quelle che la fidanzata di Luca Covelli avrebbe messo al ragazzo con l’amico Mario Marchetti (un giovanissimo Claudio Amendola) e corna vere: quelle che Ivana (Amanda Sandrelli) mette al marito Donato proprio con il pianista Billo. La pellicola tuttavia riesce a toccare, pur con superficialità e con un pensiero figlio degli anni in cui è stata girata, anche tematiche più serie come l’omosessualità del maggiore dei figli dei Covelli (Christian De Sica), scoperto a tradire la ragazza americana con il maestro di sci. In questo affresco della media borghesia italiana degli anni ‘80 ritroviamo tutte le ancestrali caratteristiche del nostro popolo che vengono messe in risalto dalla leggerezza del decennio che stava incominciando.

Per quanto i poeti abbiano spesso invocato le Muse e altre creature soprannaturali per l’ispirazione delle loro opere, al gelido sguardo razionale della critica storica è evidente che essi non hanno potuto lavorare con altro che non fosse la realtà sociale che avevano davanti ai loro occhi. In ogni epoca, si trovano composizioni che la rappresentano, che ne colgono i costumi, i pensieri e le idee. Da Omero a Mann passando per Cervantes e Hugo, le opere d’arte hanno messo la società davanti ai suoi stessi occhi, fungendo da atto introspettivo esteriorizzato. Per quanto noi percepiamo di non vivere più in tempi “raffinati e semplici” come quelli di un Virgilio o di un Goethe, è seriamente necessario chiederci se -nondimeno- siano esiste opere che hanno fornito un ritratto completo della società contemporanea. Spingendo ulteriormente il sospetto, fino a lambire le coste del paradossale e caricaturale, dobbiamo domandarci se l’Italia del 1983 non abbia rivisto sè stessa nella pellicola dei fratelli Vanzina. 

“Tana libera tutti!”

Questa affermazione suscista un’immediata reazione di sdegno e duro rifiuto, “l’Italia è una nazione seria!”, si esclama, “che non ha nulla a che fare con la volgarità spicciola e la comicità idiota di quei film”, si aggiunge. Senza chiamare in causa considerazioni storiche sulla qualità dei primi cinepanettoni rispetto agli episodi successivi, è perfettamente comprensibile l’istantaneo rigetto che si può avere verso la pretesa critica culturale di un film comico, da un lato per il sistematico rifiuto di voler aderire a degli “idealtipi sociali” e, dall’altro, per il sentore di disgusto che le menti progressiste provano nei confronti -per dirne uno fra i tanti- del terrificante personaggio “Billo”, interpretato da Jerry Calà. Eppure, lo scapestrato pianista altro non è che il prodotto della fossilizzazione borghese del campo “rivoluzionario” spalancato, una ventina di anni prima della pellicola, dallo slancio della rivoluzione sessuale. È indubbio, infatti, che gli anni ‘80 siano stati, almeno in Italia, un’epoca di generalizzato progressismo, si iniziava a godere dei consultori (istituiti con una legge del 1975), del diritto all’aborto (la famosa legge 194 del 1978) e con la diffusione della contraccezione a seguito di una sentenza della Corte Costituzionale del 1971. Urge notare un elemento, tutti questi provvedimenti sono datati nel corso degli anni ‘70, decennio politicamente intenso vissuto nel soffocante clima della Guerra Fredda e appesantito dal piombo del terrorismo; i loro effetti si manifestano nel corso degli ‘80, che sembrano dimenticarsi delle dure lotte di pochi anni addietro e si proiettano in una spirale di gaiezza e spensieratezza. Così, è giusto qualificare l’edonismo degli anni ‘80 non solo come trasversale alle classi sociali (come emerge nella pellicola dei Vanzina) ma anche come disimpegnato, è un edonismo che “vive di rendita” ereditata dagli scontri politici precedenti. 

È questo edonismo gratuito a costituire il brodo di cottura del primo cinepanettone, dove la libertà sessuale è il principale legante del film e motiva buona parte delle risate spicciole che lo spettatore fa. Eppure, questa libertà si presenta svincolata dalla sua origine e, dunque, dal suo significato politico. È precisamente ciò a tradirne la natura non più progressista e, anzi, a permetterne la banalizzazione

Nel mondo della politica, che al contempo genera ed è generato dalla società, questo edonismo istituzionalizzato ed istituzionalizzabile è incarnato dall’atteggiamento viveur del leggendario ministro socialista Gianni De Michelis (di cui vi abbiamo raccontato in precedenza su questa redazione) e del suo leader, Bettino Craxi, che si impegnò a fornire di se stesso, ben prima di Berlusconi, un’immagine che è stata definita “fallodecisionista”. Ciò che gli anni ‘80 hanno mostrato è che liberalizzazione della vita sessuale non conduce necessariamente ad una condizione di maggior parità delle donne, il sistema fallodecisionista dove il maschio-playboy seduce e dirige la donna ingenua si mostra spesso nel film, ad esempio nella celebre scena del pattinaggio, dove le donne vengono allontanate con battute di derisione basate sull’assunto della loro ingenuità. 

Notevole, in quella scena, è la battuta con cui il personaggio di Donatone Braghetti deride la donna che l’aveva invitato a pattinare:

MA LA LIBIDINE È QUI, AMORE: SOLE, WHISKY E SEI IN POLE POSITION!”

Quello di “libidine” è, infatti, l’elemento che funge non solo da collante fra i diversi ambiti ma soprattutto da cifra stilistica dell’intero film e dell’intero spaccato sociale rappresentato. 

“Via della Spiga-Hotel Cristallo di Cortina” ovvero Keynes bauscia

Il libidonoso Donatone Braghetti (interpretato da Guido Nicheli) è probabilmente il rappresentante più puro e quintessenziale della borghesia della leggendaria “Milano da bere” nel film di Vanzina. Braghetti, rappresenta la tracotanza ottimista che anima la borghesia di quell’epoca, sempre più certa di lasciarsi alle spalle l’oscurità del periodo precedente e slanciata verso una crescita economica esplosiva, incontrastabile e rapidissima. veloce come la tratta “Via della Spiga-Hotel Cristallo di Cortina”. Come la definisce splendidamente un articolo di Linkiesta, l’Italia di Craxi e Braghetti «è l’Italia dell’immanenza del qui e ora contro l’Italia della trascendenza, del già e non ancora caratteristica dei cattolici e dei comunisti»

È questo a caratterizzare sia la assai controversa ricetta economica iper-ottimista dell’epoca (associata sic et simpliciter all’esplosione del debito pubblico) che il lifestyle di Braghetti, lanciato a centinaia si chilometri orari (al punto da essere più veloce di Alboretto) nel godimento generalizzato di una felicità istantanea che non sembra dove rendere conto di niente e nessuno. 

Prendete la frase “nel lungo periodo saremo tutti morti” e tenete a mente che con questa massima cui Keynes rispondeva ironicamente a chi sosteneva la capacità dell’economia di ritrovare il suo equilibrio dopo un lungo lasso di tempo. Bene, ora procedete per astrazione e rimuovetela dal grigio contesto degli anni ‘30, proiettate questa frase nella crescente ascesa di una neo-borghesia edificata sull’arricchimento immediato e il consumo estremo, in breve ubriacate quella frase di Campari e di Bloody Mary. Ecco che avete ottenuto l’immagine del viveur Braghetti e del suo insanabile ottimismo ingenuo.

Conclusione: gli ‘80 gloriosi? 

Oggi, che i cinepanettoni si sono estinti dopo una deprimente parabola discendente, ciò che sopravvive di quella visione del mondo è unicamente un sentimento di nostalgia. Nostalgia, almeno per noi Gen Z che siamo nati dopo quell’epoca e di cui abbiamo ricevuto i tratti peggiori e maggiormente corrotti, assai inspiegabile.

Ma è proprio della nostalgia non essere diretta contro alcunché di preciso e determinato, non necessariamente siamo nostalgici di uno specifico oggetto ma, il più delle volte, della dinamica implicata, degli orpelli e della narrazione ben prima che del contenuto in sé.

Così, quando oggi scendiamo da una pista di sci solo per realizzare, con un pizzico di depressione, che si tratta di un’attività posta in seria difficoltà dal cambiamento climatico, ecco che viviamo il simulacro di quegli anni, pensando che “la libidine è ancora qui” ma consci della sua fragilità. 

Similmente, quando ci impegniamo nell’attività politica, sentiamo di avere ancora in mano il destino del mondo e, guardando alla storia del nostro paese, non possiamo non sentirci fortemente gasati da celebri citazioni di Craxi, l’uomo degli anni ‘80 e, come speriamo di aver reso in questo articolo, il leader perfetto dell’Italia del cinepanettone. Dall’ancora attualismo

«Alle regole corrette dei rapporti tra i partiti non possono sostituirsi le regole di rapporto tra correnti di diversi partiti»

alla motivatrice

«Mi occupo di politica da quando portavo i pantaloni corti e tra le campagne elettorali non me ne ricordo una molle»

passando per le più serie e significative considerazioni sul significato del progetto politico (che un giorno, insieme a molte altre, vi racconteremo). Eppure, la nostra attività politica sembra sempre viziata da un certo pessimismo, da un alone di smarrimento e dal sospetto di essere sostanzialmente inutili, di inseguire un fantasma e una chimera

Nondimeno, l’ostinazione con cui procediamo è idealisticamente encomiabile e, nella misura in cui è conscia di vivere in giorni ingloriosi, nobile. D’altronde la colpa non è nostra, sono stati loro, con i loro vizi e le loro virtù, a creare questo clima infame.

Redazione GD

Redazione GD

La Redazione è lo spazio di approfondimento e confronto pubblico dei Giovani Democratici di Milano Metropolitana!

Leave a Reply

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.