di Francesco Gunelli
Il Giappone ha deciso di allentare le restrizioni sulle esportazioni di armi per consentire l’invio di missili Patriot a Paesi che includono, tra gli altri, gli stessi Stati Uniti. Il governo di Tokyo ha inoltre approvato un aumento record della spesa per la difesa a partire dal prossimo anno, giustificandosi citando “crescenti rischi di sicurezza nella regione Indo-Pacifica”.
Se l’annuncio dovesse avere seguito, si tratterebbe di una delle revisioni più significative delle politiche di difesa del Giappone da sempre. Tokyo, infatti, ha a lungo mantenuto una posizione che non consentiva esportazioni di armi letali. Il potenziamento della sua capacità di colpire rappresenta una rottura dal principio del dopoguerra di limitare l’uso della forza alla difesa nazionale. Il Giappone, infatti, in seguito alla sconfitta subita nella Seconda Guerra Mondiale, ha dovuto adottare (sotto l’egida USA) una politica estremamente pacifista. Tutt’oggi l’esercito nipponico si chiama “Jieitai”, ovvero “Forze di Autodifesa del Giappone”, rimarcandone la dimensione puramente difensiva. Le nuove regole impedirebbero comunque di spedire armi a Paesi in guerra, ma permetterebbero agli Stati Uniti di fornire all’Ucraina ulteriori aiuti militari senza rischiare di rimanere a corto di equipaggiamenti critici per la sicurezza nazionale.
Il Primo Ministro Fumio Kishida, successore di Shinzō Abee – come l’ex premier assassinato l’8 luglio 2022 – oggi a guida dello Jimintō (Partito Liberale Democratico – PLD, conservatore-nazionalista), ha dichiarato: “Questo provvedimento ha un’importanza significativa nel rafforzare ulteriormente l’alleanza Giappone-Stati Uniti. Contribuirà non solo alla sicurezza del Giappone, ma anche alla pace e alla stabilità della più ampia regione Indo-Pacifica”.
Venerdì 22 dicembre il Gabinetto ha anche approvato un aumento record della spesa per la difesa di oltre il 16% per il 2024, incremento che servirà ad accelerare il dispiegamento di missili da crociera a lungo raggio in grado di colpire obiettivi in Cina e Corea del Nord. Il bilancio di 7,95 trilioni di yen (54 miliardi di euro) per l’anno fiscale che inizia a marzo è in linea con l’obiettivo di raddoppiare la spesa per la difesa, aderendo entro il 2027 allo standard dei Paesi dell’Alleanza atlantica che prevede per le spese militari stanziamenti pari al 2% del PIL.
Già sotto Abe il Giappone aveva segnalato l’intenzione di voler espandere drasticamente la sua capacità di difesa. Le cause sono molteplici: in primis l’allarme suscitato dalle ambizioni espansionistiche della Cina, in particolare sulle isole Senkakue su Taiwan, partner strategico di Tokyo nonché democrazia de facto indipendente. Il timore è che la Cina possa aumentare le tensioni con un atto di forza sfruttando la distrazione dell’Occidente, oggi concentrato sul conflitto in Palestina e sulla guerra di invasione della Russia in Ucraina. Altro motivo di preoccupazione sono gli esperimenti missilistici della Corea del Nord, nonché la crescente probabilità di futuri test nucleari, i quali hanno spinto Tokyo ad aumentare considerevolmente la spesa per la difesa.
Il sistema Patriot è uno dei sistemi d’arma forniti dall’Occidente all’Ucraina, e uno dei più apprezzati. Il Giappone produce i Patriot su licenza delle aziende statunitensi Raytheon e Lockheed Martin. Con le regole precedenti, il Paese del Sol Levante era in grado di esportare soltanto alcune componenti, mentre era proibita la consegna del sistema d’arma completo. Le linee guida, oggi modificate, permetteranno a Tokyo di esportare prodotti finiti nei Paesi che già li detengono nei propri arsenali.
L’esecutivo stava valutando modifiche ai controlli sulle esportazioni da mesi, poiché le regole, come precedentemente strutturate, avrebbero potuto ostacolare in futuro la spedizione di aerei da combattimento, come il programma di un caccia di ultimissima generazione in fase di sviluppo insieme a Gran Bretagna e Italia.