di Elsa Piano
Nel 1978, con “Ecce Bombo”, Nanni Moretti ci ha consegnato una riflessione brillante e amara su una generazione che, uscita dall’entusiasmo rivoluzionario del ’68, si trova intrappolata in un vuoto di senso.
I protagonisti del film, guidati da Michele, oscillano tra la critica ironica del presente e l’incapacità di agire: riunioni sterili, conversazioni inconcludenti e un quotidiano che si riduce a “fare cose, vedere gente”.
È una rappresentazione spietata, ma anche profondamente affettuosa, di una sinistra intellettuale che parla tanto ma fa poco, che vorrebbe cambiare il mondo ma non sa da dove cominciare. Cinquant’anni dopo, la parabola di Moretti risuona incredibilmente attuale per un centrosinistra che, proprio come i personaggi del film, rischia di restare intrappolato in un eterno limbo di parole e buone intenzioni.
La grande differenza è che il centrosinistra di oggi non può permettersi di fermarsi alla diagnosi. Deve trasformare il disincanto in azione, l’immobilismo in proposte concrete, e il vuoto di senso in una visione politica capace di ispirare. “Faccio cose, vedo gente” non può più essere il manifesto di una forza politica che aspira a rappresentare il cambiamento.
Il film riflette la necessità di avere il coraggio di prendere posizioni nette, di proporre una società basata su giustizia sociale, equità e sostenibilità. In un periodo storico così buio e incerto, non basta più essere un argine: serve essere un faro.
Proprio come nel film, però, il rischio di restare bloccati nelle “riunioni sterili” è alto. Troppe volte il centrosinistra ha perso tempo in discussioni interne, divisioni e rivalità tra correnti. Troppe volte il dibattito si è chiuso su sé stesso, allontanandosi dai problemi reali delle persone.
Un altro tema centrale in “Ecce Bombo” è l’urgenza del dialogo con i giovani, che oggi diventa più cruciale che mai. Proprio come i personaggi di Moretti, anche i giovani di oggi vivono un senso di precarietà e disillusione. Ma mentre i protagonisti del film sembrano accettare passivamente questo vuoto, i giovani di oggi chiedono risposte.
La sinistra deve essere all’altezza di queste aspettative, costruendo politiche che non solo parlino ai giovani, ma che li coinvolgano attivamente. Non servono slogan vuoti o atteggiamenti paternalistici: serve una visione che dica loro chiaramente che non saranno lasciati soli.
Oltre alle politiche, c’è bisogno di una leadership capace di ispirare. Michele, nel film, è un personaggio brillante ma privo di direzione. Critica tutto e tutti, ma non agisce mai. La sinistra non può permettersi di essere guidata da una leadership simile. Serve una guida competente, ma anche empatica, capace di costruire una connessione emotiva con le persone. Una leadership che sappia parlare con sincerità e con coraggio, e che non tema l’impopolarità, perché il cambiamento vero richiede il rischio di sbagliare.
Infine, la sinistra ha bisogno di una “riunione di autocoscienza”, non nel senso ironico e sterile del film, ma come un vero momento di ascolto. La politica non può essere solo discussione: deve essere partecipazione. Deve tornare a rappresentare chi si sente escluso, a parlare a chi non si sente visto, e a costruire soluzioni insieme a loro.
“Ecce Bombo” ci ha mostrato cosa succede quando ci si ferma al disincanto: si rimane bloccati, intrappolati in un presente senza futuro. Ma la sinistra di oggi ha una scelta: può rimanere ferma o può ricostruire. Può continuare a “fare cose, vedere gente” o può trasformarsi in una forza politica che propone, decide e agisce. La grande lezione di Moretti è questa: per uscire dal vuoto serve guardarsi con sincerità, ma anche con tenerezza. E poi, con tutto il coraggio possibile, ricominciare a sognare un mondo diverso tralasciando la cinica razionalità che troppo spesso ci scoraggia.