di Serxho Marku
L’attivismo durante la guerra del Kosovo (1997-2001)
Nato il 24 Marzo 1975 a Prishtina, Kosovo, l’attivismo politico di Albin Kurti comincia quando ancora è uno studente dell’Università di Pristina. Nell’ agosto 1997 aderì all’ organizzazione studentesca “Unione indipendente degli studenti” che, attraverso proteste pacifiche, chiedeva la liberazione degli ambienti universitari occupati dal regime fascista di Slobodan Milošević. La sua figura divenne famosa al pubblico il 1 ottobre 1997 quando, insieme ad un gruppo di studenti, organizzò una grande rivolta studentesca che poi venne repressa brutalmente dalla polizia serba. Allo scoppio della guerra tra albanesi e serbi nel 1998 Kurti diventa assistente di Adem Demaçi, il rappresentante politico dell’ UÇK (l’Esercito di liberazione del Kosovo). La sua collaborazione con l’ UÇK portò al suo arresto da parte della polizia serba il 27 Aprile 1999, un mese dopo l’inizio della campagna di attacchi aerei portata avanti dalla NATO. Venne in un primo momento rinchiuso nel carcere di Pristina fino al 1 maggio seguente, dopodiché venne trasferito nella prigione di Lipjan dove venne torturato per giorni, fino al 10 giugno. In seguito alla resa e al ritiro dell’esercito serbo, nel giugno del 1999, Kurti venne trasferito insieme ad altri 2000 prigionieri politici albanesi in diverse prigioni della Serbia. La famiglia seppe il luogo in cui venne trasferito solo il 12 luglio seguente, quando un rappresentante della croce rossa internazionale informò che Kurti si trovava rinchiuso nel carcere di Požarevac.
Il 13 marzo dell’anno 2000 il tribunale serbo di Niš condannò Kurti a 15 anni di carcere con l’accusa di non aver riconosciuto l’integrità territoriale della Jugoslavia e aver tentato di promuovere l’indipendenza del Kosovo attraverso attività terroristica. Durante la sentenza del tribunale Kurti si rifiutò di riconoscere la legittimità della Corte affermando: non riconosco questo tribunale, non riconosco la Serbia e nemmeno la Jugoslavia, questo tribunale è al servizio del regime fascista di Slobodan Milošević e non ha nulla a che fare con la verità e la giustizia! A me poco importa se vengo condannato a 20, 30 o 40 anni di carcere, in linea di principio io non rispondo davanti a questi tribunali ma solo davanti ai tribunali del mio popolo! Venne rilasciato il 7 dicembre del 2001 quando, in seguito alle forti pressioni internazionali, il nuovo presidente Vojislav Koštunica decise di concedere la “grazia”. Tornato in Kosovo Kurti riprese l’università e nell’aprile 2003 si laureò in Informatica e Telecomunicazioni.
La lotta nelle piazze e nelle istituzioni (2001 -2025)
Nei primi anni 2000 aderì all’Action for Kosovo Network (AKN), un movimento nato con lo scopo di salvaguardare i diritti sociali in Kosovo. Nel frattempo il Kosovo venne sottoposto ad un’ amministrazione provvisoria da parte delle Nazioni Unite chiamata “United Nations Interim Administration Mission In Kosovo” (UNMIK). Gli attivi del AKN opposero resistenza nei confronti dell’amministrazione internazionale, scrivendo sui muri delle strutture del UNMIK le parole Jo negociata, Vetëvendosje (No ai negoziati, autodeterminazione) e finendo per essere arrestati, compreso lo stesso Albin Kurti. Decisero poi di cambiare il nome del movimento proprio in Vetëvendosje. Durante gli anni dei negoziati tra Serbia e Kosovo gli attivisti del movimento chiesero che lo status del proprio Paese venisse definito attraverso un referendum democratico al posto di un accordo con il governo di Belgrado e il 10 febbraio 2007 gli attivisti di Vetëvendosje protestarono a Pristina contro il piano di Martti Ahtisaari, che avrebbe diviso etnicamente il Kosovo. La polizia romena, presente per la missione dell’ONU, represse brutalmente la protesta e due attivisti morirono mentre altri 80 rimasero feriti durante gli scontri. Kurti venne arrestato e condannato a 9 mesi.
Nel 2010 avvenne la svolta politica, quando il movimento Vetëvendosje (VV) divenne un partito politico e Kurti si candidò per diventare primo ministro, ottenendo il 12.69% dei voti ed eleggendo 14 deputati su 120 dell’Assemblea della Repubblica del Kosovo, risultando il terzo partito più votato. Negli anni seguenti il partito continuò ad opporsi fermamente ai negoziati tra Pristina e Belgrado, arrivando nel 2015 ad utilizzare i fumogeni per bloccare i lavori del parlamento, in seguito alla ratifica dell’accordo con la Serbia sull’associazione dei comuni a maggioranza serba. A seguito di queste azioni Kurti venne nuovamente arrestato insieme ad altri 86 attivisti nel novembre del 2015.
Alle elezioni del 2019 il partito di Kurti ottenne il maggior numero di voti (26,27%) , senza però arrivare ad avere la maggioranza assoluta, eleggendo 29 deputati su 120. Dopo trattative durate mesi con il partito di centrodestra Lega Democratica del Kosovo (LDK), VV riuscì a formare un governo con Kurti come Primo ministro, insediato ufficialmente il 3 febbraio 2020. Una delle prime azioni del nuovo governo kosovaro fu quella di introdurre di dazi nei confronti delle importazioni provenienti da Serbia e Bosnia-Erzegovina, in risposta ai dazi imposti sul Kosovo dai due Paesi. Richard Grenell, l’inviato speciale degli USA per il dialogo tra Kosovo e Serbia, criticò fortemente l’introduzione dei dazi minacciando di ritirare le truppe NATO dal Kosovo. Con il passare del tempo la pressione esercitata da Stati Uniti ed Unione europea per la rimozione dei dazi nel tentativo di far riprendere il dialogo tra Kosovo e Serbia aumentò e ciò creò attriti tra i due partiti in coalizione. Se da una parte VV preferiva una rimozione graduale la Lega democratica del Kosovo voleva la rimozione immediata.
Il governo entrò in crisi quando Kurti decise di rimuovere il ministro dell’interno Agim Veliu, portando LDK a presentare una mozione di sfiducia, che venne approvata con 82 voti a favore, 32 voti contrari e un astenuto. Kurti reagì accusando Richard Grenell di aver chiesto alla LDK di far cadere il governo per poter arrivare ad un rapido accordo con la Serbia. Il presidente kosovaro Hashim Thaçi nominò nuovo Primo Ministro Avdullah Hoti, esponente del partito LDK, che nel precedente governo ricopriva l’incarico di Vice Primo Ministro. Hoti decise di togliere subito i dazi, arrivando a firmare con la Serbia un trattato sotto l’egida degli USA affinché venisse creata una zona di libero scambio. Nel dicembre del 2020 però la Corte Costituzionale fece cadere il governo per via di un deputato che votò la fiducia al governo Hoti nonostante non avesse il diritto di farlo a causa di una condanna per truffa che ricevette in precedenza e per la quale fu arrestato. Il voto era stato fondamentale perché grazie ad esso Hoti aveva ottenuto la maggioranza assoluta con 61 voti a favore su 120.
Le nuove elezioni vennero indette per il 14 febbraio 2021 e con una campagna elettorale all’insegna della lotta alla corruzione e della lotta all’oligarchia Vetëvendosje riuscì a vincere con il 50.3% dei voti, ottenendo 58 seggi su 120. Nella storia del Kosovo nessun partito era riuscito ad ottenere un risultato così ampio. Kurti divenne di nuovo Primo ministro, formando il suo secondo governo grazie ad un accordo con i partiti delle minoranze etniche, ad esclusione dei serbi. Durante i 4 anni del governo “Kurti 2” il welfare state venne riorganizzato, a cominciare dall’istruzione che fu resa gratuita nelle università pubbliche mentre il salario minimo venne aumentato dai 170 euro del 2021 agli attuali 350 euro. Anche gli assegni destinati alle famiglie con figli e alle neomamme aumentarono, così come anche le pensioni.
Per quanto riguarda gli investimenti infrastrutturali a causa dell’eccessiva corruzione nelle gare di appalti ebbero un rallentamento, ma nonostante ciò la produttività nel paese aumentò. Grazie ai finanziamenti del governo nel 2024 fu un anno record per la produzione di grano che ha reso il Kosovo indipendente dal punto di vista dell’approvvigionamento. Tutto questo portò ad un aumento della crescita economica che spinse il Pil a superare i 10 miliardi di euro per il 2024, un aumento di circa il 50% rispetto al 2019, anche se rimane tutt’oggi uno dei più bassi d’Europa. Il governo investì anche nel settore della difesa portando gli investimenti al 2% del Pil, e di recente il Dipartimento di Stato americano ha dato il via libera alla vendita all’esercito del Kosovo degli elicotteri Black Hawk che si sono aggiunti ai missili anticarro Javelin acquistati due anni fa.
La sconfitta di Donald Trump alle elezioni presidenziali nel 2020 e il successivo ritiro di Richard Grenell contribuirono ad abbassare la pressione internazionale sul governo. Il dialogo con la Serbia ripartì anche se nel 2021 iniziò la cosiddetta “guerra delle targhe” che portò nel novembre 2022 i serbi a dimettersi dai ruoli pubblici in Kosovo creando un vuoto istituzionale in particolare nei comuni abitati in maggioranza dai serbi al nord. Dopo diversi incontri, nel marzo del 2023 le parti raggiunsero l’accordo di Ohrid ma il presidente serbo Aleksandar Vučić rifiutò di firmare. Il governo di Kurti decise di indire nuove elezioni locali nel tentativo di riportare la normalità, che vennero però boicottate dai serbi, portando alla vittoria di sindaci appartenenti all’etnia albanese. Il dialogo quindi tra i due Paesi subì uno stallo e si congelò in seguito all’attacco terroristico organizzato dai serbi contro la polizia del Kosovo nel settembre 2023. La recente chiusura di numerose “strutture parallele” dei serbi, usate per il contrabbando, e il divieto di utilizzo del dinaro serbo nei comuni a maggioranza serba hanno incrementato le tensioni tra i due paesi.
Le elezioni parlamentari del 2025
La rielezione di Donald Trump alla Casa Bianca ha portato anche il ritorno di Richard Grenell sulla scena internazionale, anche se questa volta è stato nominato inviato per le “missioni speciali” tra cui Venezuela e Corea del Nord. Nonostante i nuovi incarichi, Grenell è entrato a gamba tesa durante la campagna elettorale, quando in un tweet sulla piattaforma X ha affermato che il governo di Kurti non è stato un partner affidabile né durante l’amministrazione Trump né durante l’amministrazione Biden per via delle sue azioni unilaterali. Tutto ciò ha destato scalpore in Kosovo. I risultati delle elezioni del 9 febbraio non hanno fatto altro che aumentare il clima di incertezza sul futuro del paese, perché nessun partito ha ottenuto la maggioranza assoluta dei voti. Il partito di Kurti è arrivato comunque primo ottenendo il 41% dei voti (48 seggi su 120), mentre il Partito democratico del Kosovo (PDK), di centro-destra, ha preso il 22% (24/120) e infine la LDK ha preso il 18% delle preferenze (20/120). Kurti, nonostante il suo partito sia calato di diversi punti rispetto alle elezioni del 2021 quando aveva preso il 50%, subito dopo i risultati preliminari ha dichiarato la vittoria. I partiti dell’opposizione però non intendono fare una coalizione con il partito di Kurti, mentre il primo ministro non intende allearsi con il partito serbo controllato da Belgrado (Lista Serba). E’ molto probabile che il Kosovo non riesca ad avere un nuovo governo stabile che possa terminare la legislatura senza andare per l’ennesima volta ad elezioni anticipate.