di Marco Arvati
1. L’età medievale: la migrazione del popolo ebraico per l’Europa
Per la storia ebraica una data è fondamentale più di altre: il 70 d.C. quando viene identificato con la distruzione da parte dell’Imperatore Romano Tito del Tempio di Gerusalemme il momento in cui gli ebrei smettono di avere una loro Patria e iniziano a migrare per il mondo. Nel Medioevo erano presenti molte comunità ebraiche nei maggiori stati Europei: vi erano forti comunità in Francia, in Inghilterra ma soprattutto in Spagna dove nel periodo di dominio arabo avevano ottenuto lo status di Dhimmi: potevano praticare la loro religione ed essere autonomi previo corrispettivo di un tributo e del riconoscimento della supremazia musulmana. Ben diverso era il trattamento degli Ebrei negli stati Cristiani dove vennero spinti in ruoli marginali della società ed emarginati per motivazioni etiche come il fatto che praticavano il prestito a interesse (per i Cristiani inconciliabile con la dottrina) e per motivazioni sociali che li resero il capro espiatorio delle peggiori disgrazie medievali: erano gli Ebrei i vettori della Peste Nera, erano gli Ebrei gli uccisori di Cristo che bevevano il sangue umano e profanavano le ostie. Questo clima creò una totale ondata di odio nella gente comune per l’ebreo che portò i maggiori governi cristiani a valutarne l’espulsione. Dal XII secolo in avanti in Francia l’arricchimento della corona viene attuato tramite l’espulsione di ebrei e la confisca dei loro beni, stessa cosa accade in Inghilterra dove addirittura non si ha più notizia di ebrei fino alla Rivoluzione Inglese del ‘600. Dove vanno questi popoli? Dobbiamo immaginarci molte famiglie che da un giorno all’altro si ritrovano non solo sgradite dallo Stato ospitante ma cacciate fisicamente; la prima grande migrazione ebraica entro i confini dell’Europa li porta in Polonia, Stato che al tempo era una Confederazione insieme alla Lituania e che venne conosciuta come “Il paradiso degli Ebrei” in quanto Stato molto tollerante. Inizialmente erano poche famiglie ma nel ‘500 si conta che circa tre quarti degli Ebrei mondiali avevano trovato rifugio in Polonia che rimase il centro del mondo ebraico fino all’invasione nazista del 1939. E’ una migrazione dettata da motivi religiosi, una discriminazione attuata da una maggioranza perseguente un altro credo verso una minoranza.
2. L’età moderna: migrazioni francesi
Un altro evento fondante della storia umana e che ha portato a un fenomeno migratorio è la Rivoluzione Francese costituendo addirittura una categoria a parte, quella degli Emigrès. La differenza principale con il caso precedente è che qui non si tratta di una migrazione data da un’espulsione governativa ma da un certo segmento sociale che non riconoscendosi più nei valori dello Stato in cui si trovava decide di andarsene. Vi sono due momenti principali di questa fuga: il primo è il periodo che va dal 1789 al 1792 quando a scappare da un regime che è diventato quello di una Monarchia Costituzionale sono principalmente i sostenitori dell’Assolutismo Monarchico demolito dalle proteste del Luglio ‘89. Troviamo quindi principalmente nobili, preti in disaccordo con le nuove linee guida governative e la fascia molto ricca della borghesia. Il momento di stacco si ha nel 1793 quando la Monarchia Costituzionale crolla e nasce il regime giacobino. A questo punto a scappare e trovare rifugio non sono più solo vecchi assolutisti ma segmenti più ampi della popolazione. Il luogo principale di immigrazione era la Confederazione Elvetica (l’odierna Svizzera) in cui la maggior parte di questa popolazione conduceva una vita ritirata e solo alcuni si impegnavano in vere e proprie attività propagandistiche volte a una Restaurazione francese. Nonostante questo segmento sia molto piccolo nel 1798 la Francia impaurita riesce a imporre alla Confederazione Elvetica di espellere tutti gli Emigrès.
3. L’età Contemporanea: l’immigrazione negli Stati Uniti dopo il 1945
Conclusione