rogramma di Gaia Romani per la Conferenza delle Donne Democratiche – 15 ottobre 2018
Nei documenti politici c’è spesso la sezione “politiche di genere” come se potessimo racchiuderle in un ambito, come se non fossero trasversali.
Come se noi donne potessimo essere concentrate in un paragrafo dal quale ogni candidato che si rispetti non possa prescindere.
Come se non fossimo una risorsa ma una casella da riempire, una questione da sistemare.
Ci sono tantissime cose che vanno sistemate, ma di certo non noi e di certo non il nostro essere donne.
Evidentemente per le tante battaglie per la parità presenti in ogni ambito della vita quotidiana non sono state ancora fatte proprio dalla nostra società in cui viviamo, non è ancora automatizzato il meccanismo per cui ragionare di politica vuol dire avere sempre chiaro in mente che l’uguaglianza debba essere il punto di partenza di ogni percorso. Come non lo è nella società, non lo è purtroppo neanche nel nostro Partito.
Eppure, sono tantissime le ricerche che dimostrano che l’aumento di efficienza e di successo in qualunque ambito è direttamente proporzionale al numero di ruoli dirigenziali dati alle donne.
Le donne in ruoli decisionali sono portatrici di soluzioni nuove a problemi vecchi. Noi siamo la soluzione, per troppi anni ci hanno fatto credere di essere il problema.
Sappiamo fin troppo bene che non bisogna confondere il fatto che sulla carta e nel nostro ordinamento giuridico abbiamo le stesse libertà e gli stessi diritti, con l’avere concretamente le stesse opportunità e quanto la parte più difficile sia trasporre nella realtà le vittorie legislative.
Infatti, il Global Gender Gap Index 2017 del World Economic Forum pone l’Italia all’82° posto su 144 Paesi per livello di diseguaglianza di genere in settori come lavoro, politica, salute e istruzione.
Apparentemente dunque abbiamo le stesse opportunità ma se non troviamo il coraggio di farci valere e di coglierle rischiamo di tornare indietro e l’emancipazione ottenuta sarà stata vana. Non possiamo fermarci.
Ciò che temo di più per le generazioni future è che, senza questa presa di coscienza, senza combattere per i tasselli mancanti, possano finire con l’autorelegarsi nuovamente.
Non basta crearsi le opportunità, bisogna essere in grado di coglierle.
In fondo questa è la stessa ragione per la quale scrivo questo documento, per la quale ho deciso di candidarmi.
Non voglio che mia figlia abbia meno opportunità di quelle che ho avuto io, che sono state di più di quelle che ha avuto mia madre, che a sua volta ne ha avute di più delle mie nonne.
Ma questo processo di crescita, lo sapete meglio di me, non è automatico e non ci è stato regalato.
Temo che, dimenticandocene, torneremmo indietro e io, come tutte noi, mi sentirei terribilmente responsabile.