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Internet viene spesso pensato come uno spazio privo di regole, fuori dal controllo dei governi, delle grandi aziende, o delle lobby farmaceutiche che controllano la nostra mente coi vaccini (perdonatemi): un posto dove chiunque potrebbe cominciare a creare contenuti e condividerli col mondo intero.
Splendido, no?

In realtà già da un po’ di tempo anche su Internet qualcuno ha iniziato a contare più degli altri – in sostanza da quando ci si è resi conto che questo mezzo avrebbe potuto diventare una macchina macina-soldi – e sono sorte le grandi multinazionali del web (Facebook, Google, Netflix, le conoscete tutti), serenamente in grado di rapportarsi con i governi nazionali.

E da qualche anno a questa parte, negli Stati Uniti si parla di un ulteriore passo in questa direzione, che finiribbe definitivamente con il cancellare la parità dei diritti su Internet, ovvero l’eliminazione delle norme sulla net neutrality.

Ma cos’è la net neutrality?
La neutralità della Rete è un concetto basilare di Internet: tu paghi un abbonamento al tuo provider (Vodafone, Fastweb, Tiscali e simili) e in cambio puoi accedere a qualsiasi pagina web il tuo cuore desideri, senza che nessuno ti inviti a fare diversamente.

Con le nuove norme sulla net neutrality (ribadisco: limitate al momento agli USA), succede che qualcuno possa in effetti invitarti a fare diversamente.

Il 14 dicembre scorso, infatti, l’Autorità statunitense sulle telecomunicazioni (FCC) ha dato il via libera a un nuovo sistema di norme, secondo cui i provider Internet potranno stringere accordi (leggere: chiedere un sacco di soldi) con i vari fornitori di contenuti (Netflix è l’esempio che si fa più spesso) per mettere a loro disposizione una connessione più veloce, costringendo i concorrenti (e soprattutto le start-up appena arrivate sul mercato), che magari non hanno una lira da buttare per questo, a connessioni pietose, che per guardare un film vi obbligheranno a ore di buffering e imprecazioni irripetibili.

Spiegandolo pragmaticamente: poniamo che tu che leggi sia abbonato a Verizon, uno dei provider statunitensi, e che Verizon abbia stretto un accordo con un sito di streaming (che è un modo politicamente corretto di indicare sempre Netflix); in questo caso, sarai libero di vedere in streaming tutti i contenuti di quel sito che vorrai a velocità stratosferiche, se la tua connessione te lo permette.
Di nuovo: splendido, no? Non proprio.

Mettiamo che un bel giorno il tuo vicino di casa si metta in testa di creare un nuovo servizio di streaming, che tu per qualche ragione pensi sia migliore di Netflix: allora disdici l’abbonamento a questo per iscriverti a Vicinodicasa.com: il creatore del nuovo servizio non può però permettersi (ovviamente) di pagare i fantastiliardi di dollari di Paperone a Verizon per avere una connessione veloce, e così, molto semplicemente, non la avrà.

Certo, magari tu pensi ancora che il sito del tuo vicino sia meglio, ma piuttosto di passare le ore a piangere istericamente perché la tua serie non si carica, decidi di rifare l’abbonamento a Netflix (il cui costo a questo punto è aumentato, perché da qualche parte i soldi con cui fare accordi coi provider vanno presi.

Morale della favola: i ricchi e potenti saranno ancora più ricchi e potenti, e i piccoli saranno schiacciati, triturati, e ridotti in una sottile polverina fatta di umiliazione e sogni infranti.
Ah, il Sogno Americano visto dai repubblicani.

Già, perché ovviamente dietro a questa manovra della FCC c’è un forte appoggio del Governo degli Stati Uniti, ed il nostro amico Donald Trump a questa riforma tiene considerevolmente, dato che il presidente della FCC è stato scelto proprio da lui; si chiama Ajit Pai, che non a caso ha lavorato proprio per Verizon.

Insomma, negli Stati Uniti la net neutrality è stata ufficialmente abolita, anche se in molti stanno già lavorando a ricorsi legali contro la scelta della FCC, accusandola, in quanto Autorità di regolamento del mercato, di avere con questa scelta abdicato al proprio dovere, affidando il compito di garante alla calda e morbida mano delle multinazionali.

Certo, anche alle aziende italiane non dispiacerebbe troppo un sistema simile, ma per il momento i cittadini europei favorevoli alla net neutrality possono dormire sogni tranquilli, dal momento che nell’agosto 2016 il Berec, che potremmo pensare come un equivalente in salsa UE della FCC, ha pubblicato delle linee guida che impongono il mantenimento della neutralità della rete, dopo tre anni di braccio di ferro tra le varie istituzioni europee ed una petizione, promossa proprio dal Berec, firmata da 500mila cittadini europei.
Ora come ora, da casa nostra possiamo ancora permetterci di caricare su internet meme che prendono in giro Trump alla stessa velocità con la quale facciamo qualsiasi altra cosa online: per quanto riguarda il futuro, meglio tenere un occhio aperto.
E, per sicurezza, comprare le serie in dvd.

           Manuele Olivieri

Redazione GD

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La Redazione è lo spazio di approfondimento e confronto pubblico dei Giovani Democratici di Milano Metropolitana!

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