Premessa necessaria: come quasi ogni cosa nell’Universo, queste che seguono sono opinioni.
Quindi, per la durata di un articolo, facciamo finta di non essere su internet – dove un qualsiasi parere può scatenare un cataclisma ed Harambe vive nei nostri cuori – quanto, piuttosto, in qualche posto all’aria aperta, come il Birri di Lambrate, dove le idee fioriscono e la birra sa di sapone.
D’accordo? Bene.
È da qualche settimana che tema di contendere è la Legge Fiano, quel disegno di legge, attualmente arenato in Senato, che in un breve e semplice articolo mira, in soldoni, a punire in Italia qualsiasi forma di propaganda nazifascista, sanzionando i colpevoli con la reclusione da sei mesi a due anni.
Bello.
E se sei qui è probabile che tu ti stia chiedendo perché qualcuno dovrebbe essere contrario a questo proposito, giusto? Sono qui per questo.
Per capirlo torniamo al 22 giugno 1946: quello stesso giorno in cui veniva al mondo Filippo Callipo, Re del tonno in scatola e Dio di ogni fuorisede, in quella che da pochi giorni era diventata la Repubblica Italiana, dopo essere affondati in una guerra mondiale e civile che si era portata via quasi mezzo milione di italiani, si cercava di ristabilire una nazione unitaria.
È in questo contesto che il Ministro della Giustizia e Segretario del Partito Comunista Italiano Palmiro Togliatti emanava la legge di amnistia che porta il suo nome, scarcerando i colpevoli dei crimini meno efferati commessi negli anni della guerra, inclusi molti collaborazionisti.
Tu che leggi, resisti alla tentazione di indignarti.
Di lì a poco, vide la luce la Legge Scelba, che vietava di ricostituire organizzazioni ispirate al Partito Fascista e, quarant’anni dopo, la Legge Mancino, ideata per punire le azioni più odiose volte a discriminare l’avversario sul piano razziale, etnico, religioso.
Nel mentre, viveva spensierato il Movimento Sociale Italiano, figlio naturale del fu PNF, che, come se niente fosse, con tutti gli altri partiti concorreva nell’esaltante gioco della Prima Repubblica.
Oggi, però. la legge che vede primo firmatario Emanuele Fiano si spinge ben oltre i confini posti dai colleghi del secolo scorso e, al fine di arginare la moda fascio-nostalgica che sembra aver conquistato il nonno al bar sport ed il nipote su Facebook, nomina esplicitamente le ideologie nazi-fasciste, mettendo di fatto fuori legge ogni azione ed ogni mezzo con cui queste vengono promosse.
Ciò che mi lascia perplesso non ha tanto a che vedere con le ideologie in questione, quanto, piuttosto, con la visione della storia e delle opinioni cui l’approvazione di questa legge potrebbe portarci.
Davvero pensiamo di poter cancellare un pezzo, per quanto drammatico, della nostra storia nazionale? E soprattutto, anche potendolo fare, davvero pensiamo che sarebbe una buona idea?
È più che razionale che, dopo aver commesso un tragico errore, ciascuno di noi si ponga l’obiettivo di non ripeterlo più, perché dal passato, dato che proprio non lo si può cambiare, tanto vale trarre qualche lezione. Questo non risolve i problemi che quell’errore può aver causato, ma fornisce sempre spunto per qualche didascalia interessante su Instagram.
Allo stesso modo, non possiamo pensare di cancellare il passato del nostro Paese perché, facendolo, elimineremmo proprio quelle radici storiche della nostra Costituzione, che per contrastare il pensiero mussoliniano è stata scritta (niente battute sul referendum, grazie).
A coloro che oggi portano avanti la causa del Nazifascismo non possiamo rispondere con leggi che cercano di farli sparire dalla faccia della Terra, perché le idee sono idee, e per quanto possiamo detestarle, non abbiamo il diritto di cancellarle.
”Trovo mostruosa la tua idea e la combatterò con tutta la forza che ho, perché devo sconfiggerti, non eliminarti”, anche perché eliminare le idee è proprio quel che fanno le dittature, e noi da loro vogliamo allontanarci, ricordiamocelo.
Personalmente non voglio che il mio Paese stabilisca che è giusto bandire questa o quella ideologia: un discorso è la tutela della democrazia (e senza quella una Repubblica non funziona), un altro è l’imposizione di un pensiero. E se un giorno al loro posto ci fossimo noi? Sembra assurdo, ma facciamo lo sforzo di immaginarlo: non muoio dalla voglia di vedere la CasaPound di turno che grida all’arresto dei suoi detrattori.
Una piccolissima nota a margine la merita l’ultimo comma della legge, ossia quello che dispone che la pena raddoppi se la propaganda nazifascista è condotta tramite Internet. Ehm… perché? Abbiamo ancora tanta paura della rete da pensare che un post su Facebook sia più dannoso di una manifestazione in piazza? Mi si permetta di dissentire: Internet è uno strumento potente (e naturalmente, su Internet non tutto può essere consentito), ma non esageriamo: ottant’anni fa i totalitarismi hanno conquistato mezza Europa, e di certo non hanno avuto bisogno di Facebook.
Questo è quanto: tu che leggi, non prendetela se non la pensi così, hai letto l’articolo fino in fondo e questo è un nobile gesto: possiamo essere amici lo stesso.
Manuele Oliveri