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di Arianna Zanoni

Eccoci qui. È passato anche il secondo 8 Marzo senza i soliti, bellissimi e coloratissimi cortei femministi, e la mancanza si fa decisamente sentire. Come ad ogni ricorrenza che si rispetti, ad un anno dalla prima festa delle donne “da remoto”, viene quasi naturale tirare le somme di ciò che è successo nel frattempo.

I dati forse più significativi e rappresentativi di questo periodo sono quelli – purtroppo – correlati al peggioramento della situazione femminile in Italia: dal punto di vista professionale la pandemia ha causato la perdita del lavoro a 101mila persone di cui il 98% è rappresentato da donne, se il numero di per sé è spaventoso, la percentuale è sintomo di un problema evidente.

Allo stesso tempo, il continuo alternarsi di apertura e chiusura delle scuole ha impattato in maniera più incisiva sulle mamme, che si sono viste costrette a ridimensionare il proprio tempo da dedicare al lavoro conciliando smartworking e lavoro di cura, che nel nostro paese è ancora per la maggior parte prerogativa tutta al femminile.

Il 2020 è stato anche l’anno che, a causa delle restrizioni, ha visto un raccapricciante incremento dei casi di violenza: addirittura durante il primo lockdown le donne vittime di femminicidio sono triplicate, per una media di una ogni due giorni.

Fin qui il bilancio è da brividi. È importante però che il negativo non offuschi quello che di positivo c’è stato.

Se per noi questo è stato un anno privo di cortei, in alcuni paesi del mondo non ci si è potuti concedere il lusso di fermarsi, consapevoli che esistono dei diritti per cui è necessario lottare a qualunque costo: guardando al 2020 infatti ripenseremo alle enormi folle che hanno invaso la Polonia in autunno, per non sottostare ad ulteriori riduzioni della libertà individuale delle donne; rivedremo le donne del Myanmar, in prima linea nei cortei per riconquistare la democrazia; avremo impresse le foto di quelle manifestanti vestite da ancelle, delle saette simbolo delle rivolte e sentiremo quel trasporto che inevitabilmente avvertiamo quando si verificano eventi di questa portata. Rivedremo tutte quelle donne argentine sfilare con i panni verdi in mano. Il 2020 è stato il loro anno: l’Argentina ha ottenuto una legge che rende l’aborto finalmente legale nel paese. L’inizio del 2021 ha portato con sé un altro avvenimento che farà la storia: negli Stati Uniti è stata eletta vicepresidente per la prima volta una donna, che nella sua figura incarna a pieno titolo il concetto di intersezionalità. Le sue origini afro-indo-americane la rendono infatti rappresentante non solo delle istanze femminili, ma anche di quelle delle minoranze etniche che, in quanto tali, sono vittime di discriminazioni non solo negli USA ma anche nel resto del mondo occidentale.

È proprio questa intersezionalità alla base delle lotte femministe degli ultimi tempi: essere femminist* nel 2021 significa non difendere soltanto i diritti delle donne, ma allearsi per la tutela di tutte le categorie discriminate ed emarginate dalla società.

Ma torniamo in Italia: qui sta succedendo quella che l’attivista Carlotta Vagnoli ha definito “una rivoluzione”.

Mai come quest’anno infatti la condizione delle donne è stata centrale nei dibattiti pubblici: questa esplosione di interesse è dovuto alla cassa di risonanza che attiviste e divulgatrici riescono a produrre grazie ai social media. Diffondere una maggiore consapevolezza su larga scala in merito alla disparità di genere ed alle tematiche ad essa correlate è il primo passo per ottenere quei risultati per cui ogni 8 marzo scendiamo in piazza. Conoscere un problema vuol dire avvicinarsi alla sua possibile soluzione.

Non dimentichiamoci che pochi giorni fa a Roma a manifestare sono stati gli uomini. Proprio così, un mini corteo di soli uomini armati di cartelli contro la violenza sulle donne ha lanciato un messaggio importantissimo: il problema della disparità di genere ci riguarda tutt* e soltanto alleandoci lo sconfiggeremo.

Certo, al momento non possiamo assolutamente ritenerci soddisfatt*; la strada da percorrere verso l’inclusione è ancora lunga ed impervia ma se saremo in tant* darà sicuramente grandi soddisfazioni.

Il 2020 è stato un anno difficile ma questo non deve farci arrendere. Potremo non riempire le piazze d’Italia ma non ci fermerà dal continuare a lottare, giorno dopo giorno per un futuro migliore.

In attesa di poter tornare a manifestare, buon Lotto marzo tutti i giorni.

Redazione GD

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La Redazione è lo spazio di approfondimento e confronto pubblico dei Giovani Democratici di Milano Metropolitana!

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